Come si cambia

Incredibile come cambino le cose nell’arco di poco tempo… è bastato un solo mese di 2019 per diventare tipa da tisane calde al pomeriggio, dopo otto anni passati a ribadire che mi facessero schifo. Mi sono impegnata per far credere a tutti che odio il the e me ne sono appena scolato uno oggi pomeriggio, di ritorno da un esame. Neve, raffreddore acuto… tutte condizioni che urlano un disperato bisogno di “qualcosa di caldo”, che tragicamente si è trasformato in una tazza fumante di the al limone. Ora il dilemma è decidere se continuare a mentire con gli amici oppure cedere ai molteplici inviti in teieria. Vorrei che la mia esistenza fosse meno complicata.

Ma a proposito di cambiamenti, ce n’è uno che mi preoccupa più di tutti e riguarda l’atteggiamento verso gli impegni scolastici. Non solo mio, bensì condiviso da un bel po’ di gente, totalmente basato sul rapporto salute – presenza a scuola/in università.

Partiamo dal presupposto che la mia salute abbia subito una notevole impennata con il passare degli anni e che quindi le mie molteplici assenze a inizio liceo siano un dato totalmente inaffidabile, a causa di un’appendicite per la quale ho balzato ben 20 giorni di scuola. Una meraviglia, già (no, per niente).

Quant’era bello ammalarsi alle superiori? Quando bene o male quasi ogni giorno qualcuno interrogava o c’erano verifiche e ci si poteva godere la giornatina sul divano, lontano dagli infidi bigliettini usati per estrarre a sorte dal prof… O anche da quei tappi maledetti su cui i numeri scritti in indelebile nero trovavano sempre il modo di sbavare e diventare un po’ ambigui, così toh, è il 15, Jess interrogata.
In base alle scuole, compagni e prof reagivano diversamente, ad esempio da me tutti pensavano che uno stesse a casa di proposito per evitare verifiche ed interrogazionia sorpresa, specie i professori, e ciò rendeva l’ambiente particolarmente ostico il giorno successivo, al rientro.
Che poi mi sono sempre chiesta se fosse più attendibile restare a casa un giorno soltanto oppure un paio di giorni di seguito, anche se comunque nessuno avrebbe mai creduto ad una vera malattia.

Qualche anno dopo, invece, salto di qualità: guadagnare il diritto di non dover giustificare le assenze è un privilegio non da poco, che porta con sé una tragica conseguenza. Magicamente, se prima stavi sereno sul divano a goderti 38°C di febbre perché eri più giovane e quindi la pativi molto meno, adesso, oltre a stare come un cane, ti mordi pure le mani perché stai saltando ben due ore del tuo corso preferito. E ora chi te li passa gli appunti scritti bene? Qualcuno registra? (Sono diventata anche io malata di sbobine, purtroppo)
Anche se in fondo questo è ancora niente. Il peggio di noi lo diamo tutto in sessione esami. Studiare stressa e lo stress cosa fa? Ti fa ammalare. Già, solo che se perdi lezione va beh, la recuperi, ma se perdi un giorno di studio nel bel mezzo della sessione… ci trasformiamo in simpatici impasticcati, incrociando le dita nella speranza che la chimica sia dalla nostra parte anche quando si tratta di medicine. Sì, ecco, non mi stavo riferendo alla droga.
Al massimo potrei parlare dei sorsi di grappa pre-biochimica, ai quali ovviamente non ho preso parte perché se già un caffè mi fa perdere le staffe, non oso immaginare cosa possa farmi dell’alcol.

C’è ancora di peggio, comunque. La vera tragedia – facilmente immaginabile – è il giorno dell’esame. In verità basterebbe l’esame in sé, ma se uno per disgrazia si ammala proprio in concomitanza del giorno X, la situazione diventa spinosa. Le possibilità sono due: o uno resta a casa a soffrire in silenzio per i fatti suoi, oppure decide di immolarsi e dare pubblico sfogo della propria inadeguatezza sociale.
Tipo me ieri, tipo me oggi.

Perché tenere virus e batteri in casa al calduccio, quando puoi infettare non una, ma ben due facoltà in meno di 24 ore?!
Credo che mi detestino un po’ tutti, starnutire in media ogni 10 minuti penso si possa definire disturbo della quiete pubblica, anche se dubito che in sede d’esame possa davvero esistere della “quiete”. Io alla fine facevo solo rumore, c’è chi ha compiuto imprese ben più nobili, tipo fare esami avendo la febbre, oppure avendo la febbre altissima e un’infezione in corso (vincitrice del primo premio) e un sacco di altre storie che non mi sono mai giunte alle orecchie.

Insomma, un branco di pazzi, pur di non perdere l’occasione di far fruttare ogni secondo di sudato studio, imprecazioni, riassunti, fogli accartocciati e penne consumate a ritmo di fabbrica. Altro che “evviva, un giorno senza far niente!”, ormai è diventato un peso anche fare la fila dal dottore.

jessytherebel, che sperava di levarsi
un esame anche oggi e invece deve
tornare in università pure lunedì.
Sana, si spera.

Come si cambiaultima modifica: 2019-02-01T19:44:37+01:00da jessytherebel
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