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Stasera vi faccio lavorare di fantasia: sedetevi e immaginate tutto ciò che leggerete successivamente.

Giornata leggermente soleggiata, clima autunnale da giacca di pelle, quella marroncina e consumata che sapeva di ricordi ed era adatta all’occasione. Appoggiata ad un muretto in cemento, leggermente scrostato dagli anni, si staglia una figura che guarda dritto davanti a sè, oltre la carreggiata della via a senso unico, prima la recinzione rossa a rettangolini, la scalinata subito dietro, l’ingresso, fino a far scivolare lo sguardo in alto, primo secondo e terzo piano, il tetto. Una nuvola di fumo sale sempre meno compatta nell’aria densa di ricordi. Fumo amaro di sigaretta, l’unico sapore adatto per incorniciare il momento.

E pensare che la presa di coscienza è iniziata proprio qui. Davanti a questo liceo, dentro questo liceo, nell’età delle avventure. Blog aperti su internet come funghi, racconti scritti pensandoli capolavori, cover su Youtube. Musica ad ogni ora, musica che ora non c’è.

É tutto tremendamente tranquillo. Eccetto forse l’indice che trema reggendo in equilibrio un po’ di tabacco avvolto in una cartina. É bello farsi investire dalle memorie passate, guardare indietro e poi avanti, indietro e poi di nuovo avanti. Porta quali al limite tra sanità e follia guardare avanti per vedere il proprio passato, sui quei gradini, nel corridoio, oltre l’atrio.

Il giornalino d’istituto, il terzo piano. Il pensiero corre su per i gradini e poi si affaccia sulla tromba delle scale, memore dell’immagine che affiora subito alla mente. A lasciare fui io.

E sei anni dopo torna il terzo piano, torna il rosso, torna la fisica. E a lasciare sono di nuovo io.

Non metto piede in biblioteca da mesi per paura di vedere che è cambiata, ancora, che di me non c’è più traccia nemmeno nell’ordine dei libri. Non voglio pestare i ricordi e nemmeno risollevarli dal pavimento, come fossero polvere che torna nell’aria e solletica il naso. Persi la mia migliore amica a causa di un ragazzo.

E neanche tre anni dopo perdo il mio migliore amico per una ragazza. E le storie sono molto meno prevedibili di come potrebbero sembrare a prima vista. Non sono ponti che crollano per usura. Sono strade distrutte per colpa di una bomba, arrivata da chi sa dove ed esplosa proprio lì, senza che qualcuno si sia preoccupato di dove sarebbe andata a finire.

La nuvola di fumo si è ormai persa nell’atmosfera, non resta che un filtro avvolto in residuidi carta bruciacchiata. Dicono che se ti piace fumare è perché hai un’enzima che pensa a smaltire le sostanze contenute nelle sigarette. Quindi è sicuramente più di uno. E l’altra cosa certa è che lui non pensa, al massimo lo fai tu. É che il fumo va d’accordo con i pensieri, li incornicia, si perde in arzigogoli altalenanti, si dissolve rapidamente. E fa subito atmosfera.

Quasi quanto la musica ad alto volume in macchina, in un viaggio lungo decine e decine di chilometri, verso l’ignoto, verso la gioia. Non c’è niente di meglio che sapere quale sia il posto giusto, senza conoscerne l’aspetto, la gente, le conseguenze. Una limpida certezza senza un profilo. Un punto su una mappa. Allora diventa piacevole far avvolgere le memorie da un odore amaro: tempi duri, già, ma ne è valsa la pena.

Tornaultima modifica: 2018-11-16T22:36:22+01:00da jessytherebel
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