Jess e le discipline olimpiche

Le tanto attese Olimpiadi sono arrivate: dopo aver pure atteso un anno extra, ho finalmente potuto accendere la TV e… proiettarmi nel 2020? Mi auguro di non essere stata l’unica a sperimentare una scomoda sensazione di disagio nel non sapere più con certezza che anno fosse, anzi, credo proprio che su 7.9 miliardi di persone, un po’ di gente confusa la si trovi. A proposito di ciò, un applauso agli oranizzatori giapponesi che, alla domanda degli architetti “Ogni quanto dobbiamo scrivere ‘TOKYO 2020’?, hanno risposto, in maniera molto concisa, “Sì”.

E così, sull’onda di entusiasmo per aver finalmente avuto l’occasione di vedere in TV queste olimpiadi, senza dover rinunciare per via dello studio – o peggio ancora del lavoro – dopo aver quasi lanciato una forchetta vedendo i 100 mt di Marcell Jacobs e aver proprio liquidato un impiegato della banca davanti alla staffetta maschile 4×100 mt – ho voluto cimentarmi anche io nei 100 metri, più per fare qualcosa di stupido, che per fini scientifici.

Prese dunque le misure del campo di fianco a casa e accordatami con il giudice di gara per stabilire segnale di partenza e punto d’arrivo, ho corso. Io, che sono l’emblema dell’odio più profondo verso la corsa, che ho fatto di tutto durante il liceo per evitare quei tremendi giri di riscaldamento, lungo il perimetro della palestra, in nome di tutto ciò e proprio perché idiota non sono, mi sono limitata a correre 100 miseri metri.

TrollFace

E mentre ho inserito il turbo e ho corso come se avessi un cane alle calcagna (cosa peraltro già successa, per mia fortuna ero in bici), sono volati la bellezza di 20 secondi. Quindi mi sono fermata a riflettere come debba essere riuscire a percorrere la stessa distanza in 10 secondi scarsi, andando al doppio della velocità. E lì ho davvero apprezzato le capacità di quegli atleti, non perché non ci arrivassi da sola prima, ma perché finalmente avevo un termine di paragone concreto con cui confrontare ciò che è la mia realtà e le meraviglie che può compiere un uomo.

Terminato il momento di profonda riflessione a cui mi ero spinta, non certo soddisfatta da quel poco che avevo raggiunto, ho scovato l’apice della goliarderia nell’immaginare – attività che non comporta alcuno sforzo – cosa ne sarebbe di me in altre discipline. Precisamente, nelle seguenti.

Tiro con l’arco. Ricordo di quando, in gita scolastica, un anno imprecisato delle medie, io e miei compagni di classe avemmo l’onore di provare a tirare con l’arco e centrareun bersaglio a pochi metri da noi. Ricordo più precisamente, con amarezza, la fatica nel tendere quella benedetta corda e nel tenere la freccia dritta, grande sforzo ricompensato dalla freccia caduta a mezz’aria, attratta brutalmente al suolo dalla froza di gravità. Che amarezza. Voglio sperare che, al tramonto dei 24 anni, le mie braccia siano diventate un po’ più forti: certo è che la mia vita è andata in senso opposto e io, dovessi mai stare su un campo di gara, il bersaglio nemmeno lo vedrei.

Nuoto sincronizzato. Ah, qui sì che c’è da divertirsi. Odio l’acqua al punto che non faccio bagni, solo docce. Non so nuotare, mi dà fastidio anche quando la pioggia mi cade in faccia; se qualcuno mi dicesse di stare in apnea, a testa in giù e per di più sgambettare al ritmo di una musica che nemmeno sentirei, visto che avrei le orecchie piene di acqua, forse finirebbe a schiaffi. In quanto a sincronia, l’unica cosa che riesco a fare è parlare in contemporanea con mia madre, usando stesse parole e tono di voce per commentare cose al brucio. Ma noi la chiamiamo telepatia.

Inseguimento su pista. Ma avete visto a che velocità vanno? I 70 km/h! Capiamoci: quando mi ha inseguito il cane, pedalando su ghiaia, avrò forse sfiorato i 20? Per me andare a razzo, con l’aiuto delle discese più ripide che mi offrono le strade di paese, vuol dire sfiorare i 45. Dopodiché inizio a pregare di non morire in curva o peggio ancora spiaccicandomi sul parabrezza di un’auto. Io i 70 li faccio in macchina quando sono proprio nelle grane, oppure quando tento di seguire qualcuno (ma tranquilli, non capita quasi mai), se ci sono almeno dieci metri di spazio libero davanti e dietro di me. Figuriamoci farli in bicicletta, a qualche centimetro di distanza dai compagni di squadra, e per più di tre chilometri!! Finirei per trovarmi ad ordinare un paio di gambe nuove seduta stante, azione per cui, colpevole per aver alimentato il traffico di arti umani, sarei probabilmente arrestata.

Insomma, l’unica cosa che potrei fare dignitosamente è portare in giro la fiaccola: il fuoco sarà pure pericoloso, ma a parte fare attenzione alla pioggia e sopratutto alla direzione in cui soffia il vento, non richiede una particolare preparazione. Tuttavia, dubito che vengano a disturbare proprio me per questo compito e, se mai mi vedessero nel tentativo di accendere una caldela con un fiammifero senza bruciarmi le dita, si guardebbero bene dal farmelo fare.

Jess e le discipline olimpicheultima modifica: 2021-08-08T20:46:53+02:00da jessytherebel
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