Walk of shame

Non era mai successo che non scrivessi nulla per quasi quattro mesi. Mi sono ricordata di questo blog solo perché si è aperto in automatico con la pagina iniziale di Google. È stato un po’ come inciampare in un rastrello buttato a terra e prendersi il manico dritto sul naso. Che vergogna.
Ammetto però che questa mia dimenticanza sia la perfetta rappresentazione di quello che mi è passato per la testa in questo periodo. Così tanti pensieri, così tante informazioni, da tagliare via le cose piacevoli.

Non sarei incappata qua se stasera non si fosse verificato un evento del tutto eccezionale: sono da sola a casa, contro ogni pronostico. Per la prima volta da Pasqua (a fine marzo, quando sono stata da sola per dieci giorni) percepisco questa casa come un posto tranquillo, in cui posso mettermi comoda, e stare a mio agio. Sono una stupida a non essermene andata, eppure i momenti come questo mi ricordano quanto io stia bene qui, quanto potenzialmente questo possa essere un bel posto.

In realtà sono un po’ come Cenerentola, perché purtroppo a mezzanotte già finisce la magia, ma tre ore di solitudine sono più che sufficienti. C’è finalmente stato lo spazio per aver voglia di fare ordine tra i miei pensieri. Per constatare che all’idea di starmene sola ho pensato che mi sarebbe piaciuto invitare qualcuno per vedere un film, non tanto per il film, quanto per il gusto di farlo. E poi mi sono resa conto che non c’era nessuno da poter chiamare.

Tra un paio di settimane consegnerò la tesi di dottorato ai prof, la prima bozza. Anche se non ho più scritto qui, sono circa cinque mesi in cui scrivere è diventata la mia occupazione principale a lavoro. E inizio ad essere un po’ stanca di fare solo quello, di essere immersa da una quantità esorbitante di informazioni e di vedere la lista delle cose da leggere in costante aumento.

Per tre mesi ho anche dovuto seguire una dottoranda, e non mi è piaciuto per niente. Fortunatamente, la mia prima tesista (ora dottoranda) dà un sacco di soddisfazioni, quindi menomale che c’è lei. La novità di questa settimana invece è un ragazzo inglese nel mio ufficio. Solo per qualche giorno, poi sparisce. Ma almeno posso finalmente levarmi la soddisfazione di sentire parlare del vero inglese, con la vera pronuncia, e anche se mi sento un asino non fa niente. Rinuncio anche ad essere produttiva pur di far parlare questo tizio, anche perché che gusto ci sarebbe se non rischiassi di non stare nei tempi della consegna?

Scherzi a parte, sono troppo stanca per preoccuparmi. La verità è che ho solo voglia di pigiare il tasto sinistro del mouse su una mail con la mia tesi in allegato diretta ai prof, ma per arrivarci vuol dire che devo rileggere tutto, controllare che non ci siano incoerenze, che tutto sia citato bene, che Latex non faccia scherzi nell’impaginazione, che siano citati i lavori dei membri del tribunale, che la mia testa resti avvitata sul collo e poi uno si chiede perché stasera ho voglia di prendermela con qualcuno. Non lo so, avevo voglia di litigare con qualcuno prima, per cose che ha fatto e che non mi sono andate giù. Notare che “qualcuno” implica la scelta tra un numero di persone, o anche tutte insieme.

Giovedì giornata che si prospetta bellissima perché chi appesta l’aria di casa si scansa per un po’. In realtà mi è rimasto molto poco da sopportare, meno di quindici giorni. E menomale, perché sono allo stremo e dormo anche male la notte per colpa di questa cosa. Non vedo l’ora di farmi delle dormite come meritano, magari pure in hotel a Dublino, quando sarò là. Già, parliamone, il 6 luglio mi aspettano quasi 3 ore di volo. Da sola. Non so come farò a sopravvivere e non ci voglio nemmeno pensare. La tecnica di quelli dell’A-Team mi sembra l’unica soluzione degna di questo nome, anche se ciò presuppore trovare qualcuno che si occupi di sedarmi. Credo che sia al di fuori della mia portata.

Non lo so, ho appena avuto un flashback di quando poco più di due settimane fa me ne andavo allegra in bicicletta per le strade dei paesi intorno a casa e le preoccupazioni non c’erano più. C’erano solo la brezza, il sole, gli uccelli che cinguettavano sulle piante a bordo strada e un’infinità di colori tra muri delle case e giardini fioriti. Dovrà pur esserci un lavoro che permetta di godersi tutto ciò… Io nel mentre mi sono accaparrata altri due anni di ricerca, a Torino, senza più dover viaggiare. Potenzialmente, a 30 anni avrò una casa, ma non più un lavoro. È decisamente anticonvenzionale, ma sarà proprio l’avventura in cui mi imbarcherò.

Walk of shameultima modifica: 2024-06-18T22:59:59+02:00da jessytherebel
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