Gira tutto al contrario

Io stento a crederci. In questa città deve esserci qualcosa che va al contrario rispetto al resto del mondo, perché giuro che non me lo spiego.

Tanto per cominciare, dovreste vedere la cicatrice che ho sulla mano, dopo averla sbattuta contro la scrivania, anzi, contro l’angolo della scrivania: sembra che qualcuno mi abbia morso. Ammetto che per lo meno ho avuto la fortuna che si richiudesse in fretta, risparmiandomi fitte di dolore ogni qual volta io usi il gel alcolico per le mani.

Secondo punto, c’è sabbia dove non dovrebbe essercene, nei parchi, nelle spiagge artificiali, ma soprattutto NELLE SPIAGGE ARTIFICIALI, MA VI RENDETE CONTO? Che poi uno finisce a ringraziare di essere andato in riva al mare con la mascherina, che almeno evita di mangiarsi tutta la sabbia sollevata dalle raffiche di vento, che qui sono frequenti come la pioggia in Gran Bretagna.

Terzo, gli orari di lavoro e le pause che la gente si prende qui. Io pensavo di essere tanto trasgressiva nel tentare pirouette e arabesque in ufficio, tra una simulazione e l’altra, nel tentativo di non sentirmi le vertebre pressate come l’arrosto di tacchino a fette del supermercato, ma ho capito che al massimo posso suscitare l’ilarità del mio capo. Così giovedì mi sono presa la licenza di fare due ore di pausa pranzo, al posto di una, e il risultato è che nessuno si è accorto di niente. Però, al mio ritorno, la mia collega mi ha guardato con un occhio un po’ curioso, non so se presa da un moto d’orgoglio per come io mi stia adattando ai ritmi catalani, o se per la causa del mio tremendo ritardo. Comincerà a pensare che io sia una specie di maga che strega le persone.

E con questo veniamo al punto più rilevante, il fulcro di tutto l’articolo, e cioè che, totalmente ignara di quello che sia successo da qualche mese a questa parte, faccio strage di pretendenti. Chiamatemi Jasmine. E portatemi la mia tigre.

Spero che qualcuno si stia almeno spanciando dalle risate. No, perché, se non fossi nel bel mezzo di questa situazione, lo starei facendo anche io. E se nei primi due casi mi ero detta che probabilmente la colpa era da attribuire al fascino dello straniero, della cucina italiana o comunque di qualcosa correlato alle mie origini, stavolta la scusa non regge. Al punto che, a furia di scremare la lista, sono rimasta con due opzioni. O restano tutti ammaliati quando racconto il contesto in cui ha origine il mio lavoro (con cui onestamente è abbastanza facile sognare), oppure è un effetto collaterale del fatto che non me ne frega niente.

Da quando sono qui, ho imparato a fare una cosa bellissima, e cioè infischiarmene di cosa pensa la gente. Mi va di uscire coi pantaloni della tuta? Esco. I miei capelli fanno pena, ma devo andare al supermercato? Vado. Ho voglia di cantare in terrazzo? E io canto, se agli altri non piace, han solo da chiudere le finestre (tanto non siamo ancora in estate). C’è da dire che in una città in cui non conosco praticamente nessuno e in cui non c’è la vecchietta dal balcone che controlla i movimenti di tutti e riferisce a mezzo paese, ciò aiuta senza dubbio.
Quindi suppongo che di questo passo finirò in piedi su una panchina a cantare Wild Things o Ain’t it fun, come se fossero un inno nazionale. Ma in fondo, se mi sono aggregata ad un violoncellista che suonava All of me, tutto può succedere.

Tornando a noi, a parte l’incredulità del momento, vorrei tornare per un attimo seria e soffermarmi su quanto facciano bene all’anima queste situazioni. Essere apprezzati per ciò che si è, senza filtri, senza maschere. Senza vestiti eleganti, senza trucco, senza fare di tutto per mettersi in mostra, che per come gira il mondo oggi non è più scontato. Fa venire voglia di riporre un po’ più di fiducia nell’umanità, che forse, da qualche parte, esiste davvero una versione del mondo come vorremmo vederlo noi.

Gira tutto al contrarioultima modifica: 2021-03-27T10:27:27+01:00da jessytherebel
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