Quattro giorni di reclusione

Ha deciso di unirsi a me anche mia madre, e la prima manche di “chi ha la temperatura più bassa?” l’ha vinta lei. Forse perché è appena all’inizio.
Fatto sta che non possiamo nemmeno stare sullo stesso divano (perché è troppo corto) e ci facciamo di paracetamolo come se fosse sale.

Io poi ho una tosse di merda, passo la maggior parte del mio tempo con il fazzoletto in mano, mi lagno ogni volta che devo prendere una medicina, perché sì signori, ne ho le palle piene.
Soprattutto questa storia dell’antibiotico mi ha fatto salire i nervi a fior di pelle, visto che non essendoci compatibilità tra di noi mi tocca prendere un altro. E chi sa per quanti giorni poi! In realtà ho ancora un modo per sottrarmi a ciò, ovvero dovrebbe sparirmi la febbre. Ma figuriamoci se mi farà mai questo favore… Nel frattempo mi sorbisco un altro attacco di mal di pancia.

Così ora siamo chiuse in casa entrambe (più o meno, lei a volte trasgredisce) e ci diamo una mano con le faccende domestiche. E poi, immaginatevi un uomo con moglie e figlia malate: è perso.
Già solo mandarlo in farmacia a prendere una scatola di tachipirina e un po’ di ghiaccio secco lo vive come un trauma. Gli lasci le cose da portare di sotto sul pianerottolo e nemmeno ci fa caso. Entra in casa, parla col suo tono di voce alto, e bisogna dirgli ogni due minuti di abbassare il volume perché lui non ci arriva.

A forza di restare tutto il giorno spalmata sul divano mi è pure venuto mal di schiena, mi sembra logico, e in ogni caso non so come farmelo passare.
Poco fa ho messo qui sul computer gli appunti delle lezioni dei tre giorni passati per cercare di dargli un senso e un ordine, e per non fare pasticci li ho persino divisi per giorno e per materia. L’alternativa sarebbe cercare di decifrare i titoli automatici abbonati dal cellulare a ogni foto di whatsapp, salvo dover controllare ogni volta che nel download non siano state mischiate (visto che me le mandano in ordine), cosa che puntualmente succede. Le ho contante un po’ alla cavolo, ma per ora dovremmo essere intorno alle 30 pagine. E io voglio nascondermi. Perché mi ci vorrà una vita a ricopiare tutta quella roba, e sapete? Per come stanno andando le cose ho l’impressione che io metterò piede là dentro dopo le vacanze di Pasqua, altro che lunedì… Altro motivo per cui potrei piangere. Le pagine diventeranno su per giù 80.

Datemi la forza di alzarmi due minuti e andare a chiamare mia mamma (anche se non ho per nulla voglia di alzarmi di nuovo). Ne ho approfittato e ho già attaccato la presa della corrente per il portatile, non si sa mai che tra cinque minuti mi parta anche la batteria.

Io penso a quei poveri fiorellini che avevo piantato amorevolmente qualche giorno fa… e adesso sono in balia del tempo e stop. Ieri ha pure nevicato. Le mie primule saranno decedute.

Già, dovete sapere che io da piccola amavo correre dietro ad un pallone, sarei voluta andare a giocare a calcio nella squadra del paese (composta da soli maschi) e quando mia nonna paterna se ne saltava fuori con frasi del tipo “dovresti imparare a cucire al posto di giocare a pallone” non le rispondevo male solo perché i miei mi avevano insegnato a non farlo. E poi, era mia madre che mi dava il permesso di andare a giocare coi vicini, quindi non avevo certo bisogno del parere di mia nonna. E poi, se c’era una cosa di cui non mi poteva fregar di meno, erano proprio i fiori. Considerati per lo più inutili, li ignoravi con tutte le mie forze; e mia nonna, la stessa di prima, un pollice verde nato, doveva dire la sua anche su questo.

Non a caso mi beccai del maschiaccio più volte fino ai nove anni, quando iniziai a farmi crescere i capelli e… inizio l’epoca delle prese in giro. Immaginate che trauma essere convinti per nove anni della propria vita di avere i capelli lisci e ritrovarsi all’improvviso con una chioma riccia e ingestibile, capelli sempre sparati in alto come se non sentissero la forza di gravità e leggermente stonati con il mio fisico già paffutello. Se fosse stata esile coi capelli sparati forse sarebbe stato più equilibrato. Beh, vi basta sapere che dieci anni dopo io e la forza di gravità abbiamo ancora qualche problema di intesa.

Tutto ciò per dirvi che me ne sbattevo talmente tanto che adesso ho la mia aiuola privata in giardino (lunga sei metri, però larga meno di un metro) in cui metto proprio solo i fiori che mi piacciono di più perché se ascoltassi l’istinto svuoterei il mio portafoglio e riempirei fino all’orlo il mio angoletto privato.

Perdo la testa specialmente per i colori carichi, e in particolar modo per il blu/viola. Ho una rosellina piiicola bianca, comprata da poco, che secondo me starà piangendo in un angolino perché le sono arrivate addosso tutte le precipitazioni possibili e immaginabili. Ah, no, la grandine no! Poi ne ho un’altra che una volta era color corallo, ma da quando l’ho portata a casa dev’essere stata fregata dall’impollinazione e adesso tende al rosa/rosso. Oh, io amo il color corallo. Poi ho due iris blu che l’anno scorso non sono fioriti, quindi incrocio le dita per stavolta. La novità di quest’anno sono otto tulipani comprati qualche mese fa al mercato, e figuratevi se mi ricordo ancora di che colore li ho presi!

Anche i fiori neri mi incuriosiscono, perché non ne ho mai visto uno dal vivo, credo. Oddio, so di non dovermi fidare troppo della mia memoria. Non mi piacciono le primule e ogni anno qualcuno si ostina a darmene un paio (ma almeno mia madre ha avuto un po’ di buon gusto coi colori).

Insomma, sono tutta strana. Un’ora fa ero in preda alla nausea e adesso mi sembra persino di avere fame.

E se trovate errori qua in mezzo, tenete a mente che ho scritto tutta questa con la febbre a 38 e chi sa quanto, quindi direi che è già qualcosa.

State bene voi altri, che non vorrei mai vedere qualcuno star male quanto me.

Quattro giorni di reclusioneultima modifica: 2016-03-17T14:28:57+01:00da jessytherebel
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