Un’avventura organica

Se riesco a scrivere tutto in venti minuti è un miracolo.
L’ennesimo miracolo di una lunga serie…

Tutto ebbe inizio un soleggiato martedì 13 settembre, quando io stavo partendo dalla mia cara casetta per affrontare l’unico tremendo esame di settembre, nonché ultimo del primo anno di università, del tutto ingnara di come sarebbe andata a finire…

Esco dalla metro e mi incammino lungo Corso Raffaello, con gli occhi intenti a cercare qualcosa di interessante che mi distolga dal pensiero dell’imminente resa dei conti. Ritrovo i soliti negozi, il ristorante, la palestra, le piante. Dall’altro lato della strada mi pare di intravedere un compagno di corso, ma si sa che ogni buona talpa come la sottoscritta non deve mai essere certa di ciò che vede, specie se si trova a più di due metri di distanza da ciò che sta guardando.
I successivi metri proseguono nel dubbio fino a che al semaforo ritento la sorte, continuando a non capire un cazzo. Attraverso l’incrocio, sbircio nuovamente, e mentre i miei occhi se ne stanno in giro, sbem! I miei piedi finiscono in una mini buca, inciampo, per fortuna non cado, e cerco di debellare l’imbarazzo con una risatina. Già, perché di gente intorno ne avevo abbastanza.

Mi tengo il dubbio fin quasi alla porta dell’università, quando effettivamente ci passiamo di fianco, ma mentre io riconosco effettivamente il soggetto, lui non riconosce me. Motivo? I miei occhiali da sole e la tinta rossa. Diciamocelo che so camuffarmi per bene.

Ritrovo poi il compagno ai tavoli nell’atrio e passiamo insieme un’oretta, nel vago tentativo di scacciare il panico. Lui ripassa, io mangio. Perché si sa, nelle situazioni importanti, sempre meglio fare qualcosa di utile xD

Ci troviamo quindi in tre, peccato essere finiti nell’aula sbagliata, così, procedendo impauriti con altri studenti trovati in giro, eccoci piombare nell’aula esatta, mentre tutti già erano seduti, e il professore stava distribuendo i compiti.
Auguro in bocca al lupo al mio compagno di avventura e prendo posto vicino ad una ragazza che conosco bene. Nella fila più avanti scorgo il tizio a cui correvo dietro qualche mese prima: riderei, se non ci fosse altra gente a sentirmi. Ero proprio stupida.

Tempo 50 minuti e consegno il test composto da 10 domande, sperando di averne azzeccate almeno sei e di non essere chiamata per l’orale già venerdì.
Inizia quindi una simpatica processione tra teatro, banca, teatro, collegio che vi risparmio vivamente o si fa notte.
Mentre sono con la mia amica Alessandra veniamo a sapere che sono usciti i risultati del compito che avevo appena fatto… dopo sole due ore.
Apro la mail e i miei desideri vengono esauditi: ho preso un 18 tirato tirato e passerò giovedì mattina, tra i primi sei.

Io e Alessandra tremiamo dall’ansia. Anche lei deve fare un esame (il giorno dopo però). Io sprizzo positività da tutti i pori, come no?
Vedo che anche il mio compagno d’avventura ha passato lo scritto, e siccome il karma mi ama, quando lui farà l’orale io sarò a casa con la pancia piena. Questa cosa che lui studia e io mangio sta diventando troppo frequente.

Il giorno seguente è uno dei peggiori della mia vita. Non solo ho un’ansia che mi tocca prendere pure il calmante, ma succedono cose così pazzesche – che non posso raccontare – che arrivo a sbattermente totalmente dell’esame. E quasi voglio disertarlo.

E forse è un bene che sia andata così. Ieri mattina, giovedì, dopo sole cinque ore e mezza di sonno mi sono alzata con gli occhi super arrossati e sono salita su quel benedetto treno pieno di pargoli che andavano alle superiori, mentre il cielo buttava giù acqua a non finire.
Non ero nemmeno agitata mentre aspettavo di passare, e la gente intorno a me se ne stupiva. Io ero preoccupata per altre cose, molto più importanti di un esame. E così, dopo un’orale fitto di domande, mi porto a casa il mio meritato 28, che vale un mese di impegno, di fogli riempiti di reazioni, di post-it appiccicati ovunque perché imparassi le cose, di sveglie suonate prima delle otto e di pranzi e cene preparati mentre riepilogavo le cose studiate.

Ah, e anche il compagno d’avventura ce l’ha fatta. Questa volta siamo stati proprio bravi.

Un’avventura organicaultima modifica: 2016-09-16T15:37:00+02:00da jessytherebel
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