Una storia che sa di liquirizia

Dovrei studiare, è vero, ma ci sono cose che meritano di essere raccontate. Come la giornata di ieri, che ha preso una piega inaspettata e mi ha lasciata più allegra del solito.
Ammetto che vorrei raccontare il tutto con un po’ più di entusiasmo, ma… a dire il vero al momento mi verrebbe piuttosto da parlare di come non sono pronta a metabolizzare un altro disastro in famiglia, motivo per cui sto pregando con tutta me stessa che non accada nulla di grave. E cerco di pensare a ieri per stare di buon umore. Ma temo di non riuscire a fingere con me stessa, in genere non ci riesco mai.

“So this is how it went, I tried to be cool for, like, a month, and now I’ve even got a secret admirer writing sweet words to me”
Waaait a second, siamo passati da non fregare un cazzo a nessuno ad essere abbordata in panetteria, datemi n’attimo che devo ripigliarmi. Dunque, dicevamo, ieri era un martedì come tanti martedì, eccezion fatta per…

La stanchezza, con neanche sei ore di sonno alle spalle potevo forse aspettarmi di superare la mattinata di lezioni senza collassare sul banco? Precisamente dopo le 11, quando il mio cervello ha deciso che tutti quegli integrali per un atomo di idrogeno erano troppo brutti in confronto al concerto della sera prima e al pomeriggio che mi aspettava, e si sono spenti, lasciandone vivi solo un paio che si allarmassero perché non riuscivo più ad accedere al blog. Storia lunga, ma successiva al momento clou della giornata.

Tra l’altro, ora che non sono più in modalità stupida sto notando quanto sia stata cretina ieri a fingermi seria per nascondere l’evidente allegria – siii anche più dell’allegria – e finire per diventarlo davvero. Mi manca solo un display sulla fronte con la scritta “In realtà sto fingendo” poi siamo a posto. Ma va beh.

Ieri pomeriggio mi sono trovata a condividere le ore comprese tra un pranzo tiepidino e il ritorno a casa con il famoso compagno di avventure organiche di un po’ di articoli fa – tu guarda la vita – e ho conquistato ben due primati in pochi minuti: ho messo piede in un’aula studio e ho iniziato a studiare alle 13:30.
Questo resterà un segreto – su internet, come no – ma io non mi ero mai trovata di fronte a dei giramenti di testa così bastardi che neanche le parole del libro stavano al loro posto, e poi diamine non capivo una mazza! Ma la forza di volontà, pur di far bella figura, ha fatto in modo di farmi apparire solo un po’ assonnata e comunque intraprendente, tanto da indurmi a stare persin meglio. Mai successo che iniziassi a studiare col mal di testa e finissi che stavo benone. Forse non è solo merito del pranzo xD

Ma torniamo un momento alle otto del mattino, quando consapevole della giornata che mi si sarebbe parata davanti, ho compiuto l’ennesimo gesto di altruismo andando alla ricerca di un pacchettino di liquirizia. Scendo dal treno e corro (giuro) per salire sull’autobus, poi scendo dall’autobus e faccio le scale della metro di corsa, arrivo alla mia fermata, risalgo le scale con un buon ritmo e toh guarda! Sono appena le 8:32 e ho tutto il tempo di andare alla ricerca dell’antica liquirizia perduta!
Entro in una tabaccheria e mi vengono presentati venti tipi di cose diverse ma non una (scusa mamma) cazzo di rotella come si deve. Ho forse chiesto idrogeno liquido? Esco da lì chiedendomi se già non ho fatto una cagata, temendo di non trovare niente altro, quando sia lodato il Carrefour aperto 24 ore su 24, che mi ci lancio dentro fremendo perché intanto l’orologio girava e tac! Vedo il pacchettino della Haribo che mi rimanda indietro di anni. Lo prendo senza neanche guardare quanto costa e sconto subito la pena dando i soldi sbagliati al cassiere, che, pensando di essere simpatico, mi consiglia di non avere fretta che porta male e di alzarmi prima al mattino se non voglio arrivare tardi a lezione. Dunque, intanto zitto che sono fuori dalle sette e mezza, e poi al posto di guardarmi aspettando i soldi dimmi quanto costano no? No, meglio farmi fare la girata dal cassiere alle 8:43. Ottimo inizio. E poi una signora mi ha offerto un passaggio fino al poli, peccato che io stia per tirare dritto verso Corso Massimo. Ma che peccato? Meglio così.

Parentesi mattutina a parte, niente fu mai bello come la pausa studio delle 15.00, che tra un po’ mi cadevano per terra gli occhi. Per le due ore successive mi sono poi impegnata duramente, fatta eccezione per i secondi in cui alzavo lo sguardo per controllare il mio compagno di studi, che ha fatto il bravo e ha fatto esercizi tutto il tempo (mentre io maledicevo le redox e intanto mi sforzavo di capirle). Alle 17 puntuali lo vedo che ritira tutto e inizio a realizzare che devo tornare a casa. Ah, e che se l’ora è quella e io sono ancora lì dentro ho già perso il treno delle 17.43. Infatti, come volevasi dimostrare, io stavo dall’altra parte della rotatoria quando è partito, e questo perché quando ho visto passare il mio pullman ho fatto finta di niente – gran genio – tanto non mi fregava assolutamente nulla di essere puntuale. Lo ero già stata abbastanza al mattino.

Così arrivati in piazza XVIII dicembre è giunto il momento del commiato, dopo il quale il mio fantastico cervello ha realizzato che la liquirizia presa apposta per quel pomeriggio era rimasta chiusa nello zainetto. Mi sono data della deficiente e poi ho continuato a sorridere come un’ebete, sono salita sul 10N che è arrivato qualche minuto dopo e ho trattenuto con tutta me stessa la voglia di mettermi a cantare a squarciagola. Tanto avrei fatto bella figura, ovvio.

Mancava una curva all’arrivo quando è successa una delle cose più belle che secondo me possono capitare viaggiando sui mezzi pubblici. Ero al fondo del bus, davanti alle porte, e guardavo la strada quando ho incrociato gli occhi di un ragazzo in bicicletta appena dietro il pullman. Ci siamo sorrisi, poi un ciao con la mano. Ha capito che sarei scesa a quella fermata e ha rallentato la pedalata. Quando le porte si sono aperte ci siamo detti ciao a voce sorridendoci, io ho attraversato la strada, lui ha continuato a pedalare nell’altra direzione, ma prima di non incontrarci mai più ci siamo voltati ancora una volta a guardarci l’un l’altro. Ed è stato come un sogno in miniatura, delicato e con un lieto fine inusuale. Basta un sorriso a volte.

Poi quando sono tornata a casa sono successe cose che non credevo possibili, ma va beh xD lascio stare o questo articolo non finirà mai più, dico solo che ho fame, mal di stomaco e mi gira la testa.
Sono i sintomi di una malattia che se non si prende in due è un casino: cos’è? Ora la pianto di fare la ragazza idiota della situazione e vado a mangiare qualcosa.

E poi abbasserò la testa, e tornerò a sperare che non accada niente di brutto nelle prossime ore, perché credo di avere il diritto di godermi un po’ di felicità anche io.

 

P.S. Mai messo così tanti tempi verbali a caso in vita mia, li lascio solo perché potrò rileggere questo articolo più avanti e ridere di quanto fossi sbiadita il giorno in cui l’ho scritto

Una storia che sa di liquiriziaultima modifica: 2016-11-16T18:23:16+01:00da jessytherebel
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