L’ultima salita

Punto di non ritorno.
Sono stata brava questa volta, ma non abbastanza. Non serve limitarsi ad incassare i colpi senza reagire, bisogna trovare un modo per modificare leggermente la situazione, quel poco che basta per poter stare in pace. Con me stessa.

Sicuramente una manciata di mesi fa non avrei avuto il coraggio di sostenere neanche l’ombra di tutti quei discorsi, ora – non si sa bene come sia successo – riesco a padroneggiarli senza danneggiare me stessa. Almeno fino a quando gli effetti collaterali tardivi non verranno a galla.
Forse è un eccesso di coraggio che spinge a svelare oscuri segreti con naturalezza, pur di mostrarsi in tutta la propria sincerità? La serenità con cui tutto mi è uscito di bocca mi lascia sconcertata, eppure è successo. Come se fossi un passo più avanti di quel che credo. Non è mai capitato che riuscissi a fingere con me stessa, non posso che averlo fatto coscientemente; non so mentirmi se non su futili temi. E questo è un cruccio che alle volte ancora mi attanaglia.

Piuttosto un’altra domanda si è affacciata tranquilla ai margini della mia mente: lo voglio davvero? Voglio proprio restare così, sfidare i giudizi altrui a testa alta cercando di ostentare una sicurezza talvolta sfuggente? Reggere il colpo non basta, appunto. Vorrei averla proprio tutta, la sicurezza. O almeno una buona parte.

La soluzione mi contempla silenziosa, una parte di me lotta per non dover affrontare l’incombenza. Non ho mai fronteggiato con pieno spirito un esercizio che non si potesse risolvere sulla carta, la mia mente fatica a comprendere ancora adesso.

La risposta arriva chiara e distinta di fronte all’ennesima foto di Instagram. Devo farcela. Il processo è complesso, ma l’esercizio dovrà plasmare il mio corpo, l’unica cosa che manca per essere in pace con me stessa. Ho provato a negarlo da tempo immemore, ho combattuto tra rimorsi e rimpianti gli errori di quando ero bambina. Non potevo certo sapere quanto sarebbero stati gravi allora, a quei tempi sentivo solo ripetere che il calcio era per i maschi e che non dovevo lanciare il pallone contro il muro, perché l’avrei rovinato. Non mi hanno mai frenato completamente quelle voci, ma il loro danno è un prezzo che pago ancora oggi.

Sono stata addestrata inconsapevolmente ad essere una macchina da guerra verso un solo ed unico obiettivo. Nessuno si è accorto di quanto fosse pericoloso il mio atteggiamento, i tentativi di deviarlo non sono stati abbastanza forti. Sono cresciuta aggrappandomi ad un malsano e taciturno spirito di competizione, unicamente a livello scolastico. Il tempo mi ha insegnato che non avrei spiccato in alcuna altra attività: io gli ho risposto fiondandomi nello studio. Una sfida contro gli altri e soprattutto contro me stessa. Ma da un po’ di tempo a questa parte non basta più. Ogni anno passo il primo giorno nella rassegnazione più totale, constatando ancora una volta i miei fallimenti. Mancano ancora cinque mesi. Non deve ricapitare.
Ho smesso di riscrivere la storia di cinque anni fa, ho smesso di rincorrere un sogno proibito. Quella che si presenta ora è la mia possibilità, la mia chance per ribaltare le carte in tavola, per dimostrare a me stessa e non solo che si può davvero cambiare, e risorgere dal cumulo di macerie dei propri errori.

Lo farò. A costo di lottare contro me stessa, lo farò. Manca così poco che stento a crederci, ma l’ultima è la salita più ripida.

L’ultima salitaultima modifica: 2017-08-04T16:28:07+02:00da jessytherebel
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