Noia e paranoie

Io alla mia amica:”Fai sti esami in fretta che devo venire a confessarmi da te”
Rende l’idea, no?

Beh, la voglia di sfogarsi con la scrittura colpisce ancora, quindi eccovi l’ennesimo delirio sulla noia da viaggio in autobus – un vero disagio giornaliero.

Ammettere che io non patisca emotivamente il traffico, i semafori ogni cinquecento metri, i clacson e soprattutto gli insulti tra autisti durante un ingorgo (sprecano fiato, lo capiranno mai? Dalla bocca entra aria inquinata e va direttamente ai polmoni, suvvia) sarebbe una bugia più grossa del Piemonte e cercare di fare la fine quando effettivamente non lo sono è una gran rottura di coglioni. Ho chi mi ripete quotidianamente quanto io sia dolce, ma la risposta che darei è un sonoro dipende, citazione del mio professore di chimica inorganica. E questa volta non dipende dall’elettronegatività dell’elemento, bensì dall’allegria che sprigiona una persona alla guida. Che mediamente è 0.5 su una scala da 0 a 10*. Sono stata clemente, ammettiamolo. Io quando sono incavolata rasento quel livello, quando ce l’ho con me stessa arrivo anche alle zero, ne sono consapevole.
*conosco un’eccezione e non mi riferisco a mia madre. Scala adimensionale perché alle undici di sera è più semplice così.

Questa sera ho fatto uscire dalle mie labbra il “Minchia!” più sonoro e sentito di tutta la mia vita. Non uno di quelli che si dicono quando c’è davvero un problema serio, ma uno di quelli che esclami con il cuore, reduce dalla ricerca spasmodica della densità dell’acido fluoroborico. E se ve lo state chiedendo, i problemi nella mia vita sono proprio questi, ingigantiti dal mio meraviglioso ed acuto sesto senso che ogni tanto mi si appollaia sulla spalla e sussura “Cazzata!”.

Presa dallo sconforto mi sono anche messa a scrivere. E ho riesumato il lettore mp3 che non uso più da sei mesi con la musica vecchia che mi scatena i ricordi. Un altro passo e potete sporgermi la pala, che mi scavo la fossa da sola.

Comunque il vero scoglio in tutta la storia è che io mi sono abituata subito ad avere compagnia la sera e a ridere e scherzare per i tre quarti d’ora di viaggio dall’università (see mi piacerebbe) al parcheggio (questo è vero) e stasera invece non ho trovato compagnia migliore del blocco note dello smartphone, in cui ho scaraventato l’ultimo prodotto della mia immaginazione con tanta, ma tanta perfidia. La mia testa è in grado di autoprovocarsi e rispondersi male da sola, da qui ai superpoteri il passo è breve. O forse è più breve la strada verso la schizofrenia…? In ogni caso riesco ancora a gestire tutta la crew dei miei neuroni e a tratti anche brillantemente. Nel mio immaginario con la fine delle relazioni di laboratorio finirà anche la pazzia, ma qualcosa invece mi dice che non appena osserverò coi miei occhi la comparsa del 2018 avrò bisogno di tanto autocontrollo, ma proprio una quantità eccessiva in assenza della quale sprofonderò nell’ansia più totale.

La tesi. E in aggiunta, le ore sull’autobus in cui posso rimuginare su qualsiasi cosa – che poi è il mio passatempo preferito ecco – sono davvero quello che mi serve per sclerare sin da subito.

Aboliamo Capodanno, vi prego. O comunque teniamo il 31 dicembre, ma buttiamo il primo gennaio e copriamo l’anno sui calendari. Tipo, oggi è il 3 gennaio punto. Una volta che siamo sicuri che sia un mercoledì ci alziamo dal letto e viviamo tranquillamente la giornata.

Io vorrei fare una petizione per questo primo gennaio. Per me è un vero supplizio. Ogni anno la stessa storia, suona la sveglia e parte l’esame di coscienza scoccato irrefrenabilmente già mentre mi distendevo nel letto la sera prima. Che poi a conti fatti corrisponde comunque al primo, visto che abbiamo la sana abitudine di aspettare svegli che inizi l’anno nuovo, proprio come sentire in prima persona la sentenza del tribunale della vita. Questo mi succede perché non ho occupazioni, è vero. Se io fossi ad una festa come praticamente ogni essere umano, le probabilità di cadere in depressione sarebbero basse, anche se conoscendomi so che basterebbe un secondo per farmi cadere nel mood disperazione. Per me tirerei una croce sopra anche al 31 così eviterei di fare la partita a tombola col cuore appesantito dall’imminente confronto con me stessa – e con l’eventuale entusiasmo di un pollo d’allevamento – perché fidatevi che è una tragedia.

Perché le persone non sanno farsi gli affari loro e si permettono anche di chiedermi il motivo. E figuriamoci se nello stato in cui sono devo ancora sforzarmi di spiegare come sto a della gente che prima di tutto non si pone nemmeno il problema, poi non capisce e in ogni caso non vuole saperne nulla dei crucci altrui. Silence is the best. Questo era per dire che mi girano un po’ le palle che debba finire l’anno proprio proprio nel momento in cui avevo guadagnato un umore allegro persistente. Dovrei resistere almeno fino alla lettera di Capodanno, che questa volta proverò a scrivere ma non faccio promesse, perché se sono di cattivo umore viene da schifo, quindi incrociamo le dita e non illudiamoci troppo.

E consigliatemi come occupare saggiamente le prossime 15 ore di viaggio, che se mi metto a scrivere troppo finisce con me al 31 dicembre che mi cruccio perché non so scrivere un romanzo, riepilogando tutti i fallimenti precedenti.
Sono davvero un disastro di ragazza, a volte.

Noia e paranoieultima modifica: 2017-12-15T23:01:39+01:00da jessytherebel
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