La scivolata

Sono mezza gasata perché per una volta non ci sono doppi sensi nel titolo – qualcuno sia lodato! Questa è una vera scivolata!

Non parlo delle quattro volte in cui, il mese scorso, il mio deretano si è appoggiato per terra dopo aver camminato su foglie bagnate (ero in montagna) e nemmeno di tutte quelle volte in cui ho rischiato di cadere dai 4 cm di tacco delle mie ciabatte estive. Ieri, dopo anni trascorsi senza mai ledermi le ginocchia, nel tentativo di vincere il mio round a nascondino contro la mia cuginetta e la sua amica, ho preso la rincorsa per la scivolata più esilarante di tutti i miei 23 anni, non solo per il gesto in sé, ma per le incredibili conseguenze a cui ha dato origine.

Avete presente Saranno Famosi? L’antenato di Amici, che andava in onda su Canale 5 quando io facevo le elementari; una vera scuola per ballerini, cantanti e attori; un Programma con la P maiuscola, in cui il focus era l’apprendimento e non i pianti disperati della gente (per attirare il pubblico). Ebbene, all’inizio di ogni puntata c’era la sigla, la mitica Fame (dal film omonimo) che veniva cantata e ballata dagli allievi della scuola. E finiva con una magnifica scivolata, che da piccola emulavo di continuo riempiendomi le ginocchia di lividi.

E non era l’unica cosa che facevo! Saranno Famosi è stato la culla dello sconforto derivato dal non riuscire a cantare le canzoni di Whitney Houston (senza nemmeno sapere chi fosse), ignorando cosa fosse il diaframma e inventando di brutto l’inglese, è stata la causa dello strappo al quadricipite procuratomi nel tentativo di emulare un arabesque, io che di danza non avevo mai fatto una lezione. Ma soprattutto, è stata l’ispirazione di mille scivolate.

E così com’è vero che non mi lanciavo più su un pavimento da un po’, non ricordavo nemmeno che un parquet potesse comportarsi diversamente dalle piastrelle. Così, ieri, quando ho preso la rincorsa puntando alle caviglie di mie cugina e mi sono lasciata scivolare a terra tenendo il braccio sinistro, non ho nemmeno fatto caso alla leggera abrasione tra il mio ginocchio e il parquet, semplicemente ho realizzato di averla mancata per un soffio.

È stato nelle ore successive che ho ammirato il disappunto della mia pelle. E, alquanto stupita dalla rarità dell’evento, ho cominciato a ridere. Ridere, perché lo stesso dolore che da piccola mi avrebbe fatto rimanere seduta immobile per due giorni, senza voler più piegare la gamba, ora è come una grande novità. Non riesco a smettere di guardarmi il ginocchio e chiedermi perché mai si stia comportando in quel modo, buttando fuori un mix di acqua e gelatina che mi fa dire dal “che schifo!” a “che ridere!”. E poi quanti anni erano che non usavo la connettivina?

Oh cielo, di questo bisogna parlare. Ve le ricordate le garze medicate con la connettivina? Quelle con i foglietti di plastica da ambo i lati a proteggerne la superficie, su cui puntualmente si appiccicava la medicazione, al posto di stare sulla garza? Pagherei per aprirne una adesso.
Qui comunque ci siamo evoluti e abbiamo la pomata in tubetto, così al massimo resta appiccicata sulle pareti, e noi non la vediamo. Ho provato l’emozione di usare del cerotto in striscia e una volta applicato, di sentirmi proprio come una volta, con quella punta di orgoglio del “mi sono fatta male” che contraddistingueva ogni fasciatura. Però con le risate.

E per quanto stupido, credo che questo sia un momento da immortalare. Seppur meno avventuroso di quando in montagna sono finita in una parte di sentiero abbandonata da Dio, con tanto di cartello “pericolo mine”, è una storia che vale oro colato.
Sapete la storia della madeleine di Proust? Ecco, è andata esattamente così.

Quella delle mine magari la racconto più avanti. Tanto le ho scampate.

La scivolataultima modifica: 2020-08-29T14:45:41+02:00da jessytherebel
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