La tachicardia

I giorni come questo sono quelli in cui mi chiedo se io abbia la testa montata sul collo o se sia solo caduta per caso sulle mie spalle e si sia incastrata lì. Non sono mai stata tanto rincoglionita da quando sono riapprodata a Torino.
L’ultima volta in cui ricordo di essere stata in questo stato ero a Barcellona, spiaggiata sulla scrivania dell’ufficio, in crisi nera per aver appena cambiato casa e in preda a casuali attacchi d’ansia, pur pervasa dal buon intento di prestare attenzione a quello che facevo, ma con le sinapsi brutalmente disconnesse.

Oggi, il tutto è aggravato da tremendi giramenti di testa che non fanno che peggiorare da quando ho messo piede in università, per cui ogni mio tentativo di sbirciare il muro al di sopra del desktop o peggio ancora guardare il pavimento, sfocia in un tentativo maldestro di riacquistare l’equilibrio aggrappandosi al tavolo.

E io in tutto ciò starei pure completando una tabella. Non sono riuscita ad accaparrare per me più di 8 processori oggi, quindi mando un conticino alla volta e inserisco un numeretto nella griglia di excel ogni dieci minuti. Un’attesa sfiancante, per un teorico che di solito ottiene risultati dopo pochi secondi oppure svariate ore.

Riprendo questo articolo ormai dalla cucina di casa mia, dando le spalle alla pentola in cui sta cuocendo il riso per domani. La mia lezione a cavallo è stata annullata a causa delle secchiate di acqua che scendono copiosamente da ieri e io non mi sono ancora ripresa del tutto dalla giornata lavorativa. Sono sicura che questo picco di disagio non sarebbe nemmeno cominciato se non fossero apparsi tre individui dotati di cromosomi XY a sconvolgere il mio precario stato mentale, già turbato dagli sbalzi ormonali del ciclo mestruale. Ma se è vero che ciascuno è artefice in minima parte dei suoi guai, allora io ho fatto tombola.

Trovo tremendamente fastidioso che non appena mi importi un briciolo di una persona, io mieta gaffe al ritmo di una trebbiatrice. E’ pur vero che non faccio niente per impedirmelo, anzi, spesso e volentieri chiudo gli occhi, mi pinzo il naso tra pollice e indice e mi tuffo in un mare di casini, io che nemmeno so nuotare. (Però ho delle idee spaziali, a volte.)

Come stamattina, che ho pensato bene di invitare un collega a fare una pausetta via mail, in assenza di altri modi per contattarlo, salvo poi non essere letta e beccarlo alle macchinette una mezz’ora dopo. E pranzarci insieme. E beccarlo all’uscita dall’ufficio, quando ero convinta che al massimo, per tardi che fosse, l’avrei forse incrociato al bar. Fortuna che non ci fossero crateri nel tragitto dall’università alla metro, o avrei rischiato senza dubbio di caderci dentro.

Mio Dio, mi sono appena resa conto di non aver salato il riso. Tutto perché ovviamente avevo il cervello impegnato nelle mie avventure e non potevo certo prestare attenzione a due cose insieme.

Ma dicevamo, per fortuna c’erano meno cantieri del solito, però pioveva e mentre tenevo l’ombrello sulla testa di entrambi, ho centrato un palo. L’imbarazzo è stato così tanto, che io nemmeno mi ricordo cosa ho sbattuto. E se mi ha fatto male, di certo non l’ho sentito. Quando poi ci siamo separati alla metro, il mio contegno è durato ben nove scalini. Dopodiché, una pioggia di tachicardia, mista a surriscaldamento, mista a tremolii random mi ha investita e inzuppata in pieno. Tredici fermate di metro dopo, ancora stavo in fibrillazione. Non appena risalita in superficie, tra una goccia di pioggia e l’altra, ho estratto il cellulare, chiamato il mio migliore amico, e mi sono lanciata nello spasticissimo racconto delle strane coincidenze di oggi.

Giuro che se ci penso, mi dà i brividi. E dire che mi importa solo un pochino. Ma vorrei che questa sensazione non finisse più.

 

Con tanta voglia di emozioni,
jessytherebel

La tachicardiaultima modifica: 2021-10-04T22:03:05+02:00da jessytherebel
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