La critica del giudizio

La filosofia fa brutti scherzi, e questo già lo sappiamo, ho due pomeriggi per preparare l’interrogazione finale e le lacrime ai bordi degli occhi. Questo rapporto di amore e odio mi distrugge. Io non posso aprire il libro, leggere e dire “Ma che figa questa cosa!” e un’ora dopo annaspare nell’ignoto perché sento di non aver capito niente. E’ distruttivo, lesivo della personalità e soprattutto confusionale! Nonostante ciò arriverò a sabato almeno con la convinzione di sapere le cose, per essere palesemente smentita alla prima domanda. Succederà, me lo sento.

Altra scommessa: io dico che il mio orale di maturità sarà il 29 giugno. Si aprono le scommesse e spero di averci preso, più per finire il prima possibile che altro.

Ma ciò di cui voglio parlare ora è l’argomento citato nel titolo. Intanto ci tengo a precisare che seppure i richiami a Kant siano più che scontati, ho solo usato il titolo per attirare l’attenzione. Lo fanno tutti, quindi lo faccio anch’io, per di più citando cose dignitose e non i soliti titoli attira-utenti che si rivelano delle prese in giro mega galattiche. Di giudizio ho parlato e di giudizio si parlerà.

A volte evito di dire le cose in giro proprio perché non voglio che si sparino giudizi a casaccio su cose che non si conoscono se non per sentito dire. Per evitare poi spiacevoli inconvenienti come quelli che sono già successi. In questo potrò forse sembrare contraddittoria, in realtà le cose più importanti e delicate le ho sempre tenute ben al riparo dalle parole altrui, o mie. Senza tirare fuori interminabili discorsi su quanto sia giusto o meno il giudizio in sé, mi limito a prendere atto della sua onnipresenza nella società: in fondo anche dicendo che le lasagne sono buone si esprime un giudizio, che vale tanto quanto dire un libro è orrendo. Eppure nessuno si è mai fatto scrupoli di giudicare un piatto di lasagne. Sta di fatto che fin dal primo giorno in cui veniamo catapultati nel mondo ci piovono addosso giudizi, quando mettiamo piede a scuola poi è ancora peggio: ci dicono che in fondo non siamo un numero, ma quel che risulta di noi sulla carta  lo è eccome!

Impariamo ad avere una valutazione su una fettina del nostro impegno totale, una fettina qui, una lì… e si accumulano i giudizi. Sbagli e commentano l’errore, fai bene e lodano il giusto. In fondo al posto di preoccuparci tanto delle implicazioni etiche e morali dovremmo accettare quest’azione così come accettiamo il fatto di dover mangiare. E allora apparecchiamo il tavolo!

Ma è innegabile il fastidio che ci dà quel giudizio che non sentiamo nostro, oh sì, punge proprio nel profondo, possiamo fregarcene o farcene un fardello di vita, ma dobbiamo giudicare positivo il fatto che sia nelle nostre mani, che sia momentaneo e che abbiamo svariate possibilità di dimostrare che non sia così.

E posso dire che praticamente tutte le persone che conosco si sono dimostrate diverse da come le avevo immaginate e ne sono contenta, perché è bello vedere il miglioramento dopo l’errore, è bello sapere di essersi sbagliati, che ciò che ci aveva tanto delusi non era che un incidente di percorso. E vale specialmente per me.

C’è però un caso che mi fa perdere le staffe. Primo perché non riguarda me e secondo perché l’ho dovuto ascoltare io. Non mi va che una persona in particolare venga bollata negativamente per ciò che è successo. Non voglio perché la conosco abbastanza bene e perché per quanto possa sembrare strano ci tengo parecchio. Io stessa ho commesso un errore grande che mi pento spesso di aver fatto – dal momento che ora conosco meglio la vicenda – e proprio per questo mi auguro che chi non conosce la storia così come non dica più nulla sull’argomento.

Se l’ho capito io, non vedo perché non dovrebbe capirlo anche chi era meno coinvolto.

La critica del giudizioultima modifica: 2015-05-28T15:04:37+02:00da jessytherebel
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