In viaggio da sola (o quasi)

Volevo informare tutti che sono ancora viva. Sì, quest’anno niente lettere di Capodanno o auguri per tutti perchè sono stata pigra. E se dobbiamo dirla tutta sono anche stata abbastanza depressa il primo giorno dell’anno, come ogni anno d’altra parte, perché come al solito mi prendo 24 ore per rimurginare sulla mia vita e giungere alla conclusione che fa schi-

Dicevamo, gli auguri sono relativi, a me ne hanno fatti abbastanza, ma non trovo che abbiano avuto l’effetto desiderato: sono qui col mal di testa e una montagna di cose da studiare, ma anche un bisogno impellente di scrivere. E come inizio di sessione non mi pare una gran cosa, ma facciamo finta di niente ed entriamo nell’atmosfera metropolitana di Torino, ore 13.00…

Mi stupisco di quanto la metro sia vuota, di solito non è proprio così. Salgo, con il preciso intento di giocare per un paio di minuti al cellulare e rinviare l’esame di coscienza che mi trovo costretta ad affrontare. Forse il termine è sbagliato, mi sento solo un po’ strana; vorrei ragionare, capire, ma davvero non riesco. Questa volta è stata diversa da tutte le altre. Questa volta forse non andrà male.

Passo qualche minuto ad aspettare un pullman qualsiasi dei tre che vanno verso la mia stazione, e nel frattempo ascolto il brusio della città, della gente che si muove attorno a me, consapevole ancora una volta di essere sola tra la gente. Sola nelle mie battaglie, come ognuno di noi; sola nelle difficoltà, perché per quanti possano starti accanto tocca sempre al singolo superarle; sola nel mio viaggio di ritorno e contenta che sia così. Oggi desidero silenzio per riflettere, e l’atmosfera soleggiata aiuta a farlo col sorriso, senza il rischio di lasciarsi andare troppo al pessimismo. Io adoro la solitudine. So di essere e voglio essere da sola quando si tratta di risolvere i guai più grossi, posso forse chiedere supporto morale, ma la soluzione devo trovarla da me. Sono così per natura, lo accetto, e patirei se non riuscissi a passare abbastanza tempo sola con me stessa. Nei giorni come oggi, sono consapevole di starmene da sola in mezzo agli sconosciuti e ne vado fiera, perché finalmente ho imparato a cavarmela da me.

Anche il pullman è quasi vuoto, trovo posto a sedere e fisso la strada. Adoro guardare fuori dal finestrino: evito il contatto visivo con persone che potrebbero esserne infastidite e do libero sfogo alla mia mente, fosse anche solo per pensare che il cielo è di un azzurro magnifico.

Quando arrivo in stazione però qualcosa è cambiato. Faccio un passo indietro verso l’ombra, i pensieri si incupiscono leggermente.
Prendo l’mp3 e metto una canzone dei Pentatonix che ascoltavo l’anno prima in viaggio e ripenso a quel pomeriggio soleggiato, sul treno vecchio dall’odore pungente, quando ancora non era successo nulla e in me regnava la calma. Calma piatta. Cosa che desideravo allora, ma che non voglio adesso. Il momento è diverso e non ne ho più bisogno, ora vorrei un pizzico di peperoncino ogni tanto, qualcosa che dia vitalità alle giornate monotone di studio, e bene o male sembra quasi che io lo trovi sempre.

Sono stata coraggiosa. Mi sono detta che quest’anno era ora di non tenersi più le cose dentro, smettere di mentire a me stessa solo per la paura che qualcosa andasse storto e rischiare, anche tanto, perché in passato ho fatto scommesse enormi con me stessa, ma soltanto se in palio c’erano voti di verifiche. Con le persone sono sempre stata frenata da una serie lunghissima di motivi che mi hanno precluso un mare di opportunità ed è arrivato il momento di smettere una volta per tutte di portarsi dietro gli strascichi di un’adolescenza mal vissuta. Basta, la mia vita è cambiata da quando mi sono allontanate da quella stupida classe di liceo e voglio essere una persona forte e solare e dimostrare a me stessa che, diamine, posso attraversare l’inferno e uscire con la stessa grinta di quando sono entrata.
E in parte mi sembra già di averlo fatto, motivo per il quale trovare un minimo di coraggio per parlare con una persona non richiede quasi sforzo.

Certo il problema sono le conseguenze. Ma quante volte intraprendiamo strade all’apparenza belle per poi scoprire che i risvolti che prendono le situazioni in cui siamo immischiati sono tutto tranne che lieti? Così ho rischiato, e dopotutto non è nemmeno andata così male come credevo.
Un po’ la mia reazione mi ha spaventato, non credevo che fosse normale restarsene lì a ridere e scherzare, dopo le esperienze precendenti. Però poi ho capito.

Ho capito che il problema era tutto ciò che era successo le altre volte. Le altre volte ero sola per davvero, io, tanta tristezza e probabilmente un muro contro cui mi ero appoggiata a piangere di nascosto.
Questa volta invece la situazione è completamente diversa: io sola per la strada, ma con un gruppo di amici su cui contare, sempre, e tra tutti gli amici anche quello che temevo di perdere.

Le altre volte mi sono sempre lasciata scivolare nel baratro, ma questa volta, per amore di me stessa, non ho la minima intezione di farlo. Anche perchè dopotutto non ne ho motivo.

In viaggio da sola (o quasi)ultima modifica: 2017-01-09T17:22:05+01:00da jessytherebel
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