Confessioni in auto

Eccomi ricomparire dopo aver dormito due orette scarse anche al pomeriggio, giusto per compensare le due ore scarse di sonno di questa trafficata notte densa di emozioni.

Se dovessi fare il punto della situazione direi che la vita mi ha messo di fronte all’enesima prova di forza (interiore) e io l’ho superata… per forza, perché non c’era altra via. Comunque siamo passati dalla fuga più disperata alla trance fissando i muri e i compagni di corso, che non so se mi spiego, ma è un grande passo avanti.
Contestualizziamo: per la prima volta nella mia vita decido di fare un po’ di cose: andare ad una festa con la mia macchina e portarci anche tre miei amici, dopo avergli fatto attraversare lande inesplorate del canavese (e di una zona di cui non so bene il nome). Già mi preparo a fare tardi e a farli accampare in camera mia per la notte, quel che non prevedo è che uno di loro alzi un pochetto il gomito con la roba da bere e… beh, potete immaginarlo da soli.

Partiamo da questo presupposto: se io ho anche solo il dubbio che qualcuno intorno a me possa dare di stomaco, state sicuri che in mezzo secondo mi trovate ad una distanza sufficiente a non vedere e non sentire nulla che possa compromettere il mio stato d’animo già impanicato di suo. E invece stanotte abbiamo accorciato distanze e aumentato volumi che se poi stamattina ero ancora mezza traumatizzata non me ne stupisco.

A parte che dopo aver dormito per un tempo inferiore al minimo a cui credevo che potessi sopravvivere, finire spalmata sul pavimento coi lacrimoni agli occhi per la paura è il minimo, oltre che l’unico modo per evitare di bruciarmi lo stomaco dall’ansia. Cavolo, non credo di aver mai pianto così tanto per un ragazzo (a parte il tipo che mi ha piantato due anni fa, ma non vale), visto che questo non è il mio ragazzo; in ogni caso sono così spudoratamente di parte che gliel’ho perdonata all’istante e avrei anche mollato un paio di ceffoni a chi faceva commenti.
Giusto perché la vena violenta proprio fa fatica ad abbandonarmi, vogliate scusarmi.

Non credo di aver mai fatto così tanti chilometri in un giorno e aver avuto ore così sature di emozioni, di essermi stancata di un cd che adoro solo per averlo sentito un casino di volte in un giorno – sì, è il cd che ho in macchina – e di essermi confessata in auto con una mia amica alle tre di notte, sempre col magone, perchè a quanto pare i miei occhi bastardi già volevano cedere nelle prime ore del giorno.

Passatemi l’espressione, ma non so davvero più che cazzo ho detto in quel monologo, visto che la bocca parlava a ruota libera e la mia unica attenzione era rivolta alla strada. E una fettina al mio malaticcio lontano da me. Già, la strada tutta a curve non era il massimo da percorrere in quel momento, così siamo tornati dimezzati (o meglio dimezzate, visto che siam rimaste solo noi donzelle) e poi siamo andate a dormire.

Stamattina, quando mi sono alzata dal letto, non ero nemmeno in grado di portare a termine una frase di senso compiuto, ma avevo la solita ansia, il cuore che andava a mille e mi è anche venuta la malsana idea di mettermi a scrivere una lettera, tanto cos’hai di meglio da fare dopo una nottata simile? Non contenta di tutto ciò, il frigo ha dovuto sorbirsi un’altra volta una me strisciante contro le sue pareti in compagnia dello stereo acceso per aiutarmi a sfogare le troppe emozioni che tenevo dentro. In sostanza funziono un po’ come una spugna e se nessuno mi strizza, scoppio.

Da lì alla lucidità totale con cui mi sono messa in macchina per andare a riprendere malato e relativo amico – alias il suo angelo custode – c’è un varco che ancora non sappiamo bene com’è fatto, ma deve essere più o meno simile a quello che ora mi tiene sospesa tra il momento in cui sto vivendo e gli attimi passati seduti sui gradini a fissare il vuoto e poi l’orologio e chiedermi quando sarebbe finito tutto quanto… perché soffrivo a vederlo star male.
Credo che mi ci andrà ancora un poco ad elaborare, sono lenta. Più che altro è come se fossi stata invesitita da un’onda di emozioni ingigantite e facessi un po’ fatica a stare ferma in piedi. Mi sembra di vagare in una sorta di mondo parallelo dove le percezioni sono migliori e posso sentire chiaramente cosa provano gli altri. Non c’è da stupirsi dunque se questa mattina appena sveglia ancora mi sembrava di stare nel salotto in cui ero quattro ore prima e di rivivere più volte tutta la scena.
Tosto, lo ammetto. Ma sono fatta così e non credo di poter cambiare, se anche mi impegnassi a fondo.
Fortuna che scrivere è sempre stata la mia ancora di salvataggio, e la musica un’altra; non so quale sarà la prossima sfida che mi porrà la vita e tra quanto arriverà, ma una cosa è sicura: non mi troverà mai impreparata, e per quanto potrà essere insormontabile ci metterò ogni mia singola forza per non cadere in ginocchio di fronte ad essa. L’unica volta che mi permetterò di poggiare le rotule al suolo sarà per chiedere la mano di qualcuno, e da quel momento in poi non ci sarà difficoltà di fronte alla quale mi arrenderò.

P.S. Sembra che il mio amico stia meglio, tra un po’ gli telefono.

Confessioni in autoultima modifica: 2017-03-25T17:12:34+01:00da jessytherebel
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