Il mio migliore amico

Ho ancora un migliaio di caratteri disponibili e non so come riempirli. Mi starà venendo qualche malattia? Tipo blocco dello scrittore, anche se di professione non lo sono?

Nel frattempo mi sto divertendo a sfottere il mio migliore amico, diventato mieloso da far schifo da quando ha trovato una donzella che ricambiasse i suoi sentimenti. E capitemi, io lo conosco da sette anni – o giù di lì – e precisamente da quando non osava nemmeno sfiorarmi con un dito perché boh, vai a sapere, quello era il suo rapporto col genere femminile. Io purtroppo verso i 15 anni stavo cominciando ad abbandonare il mio essere maschiaccio e questo rese inesorabilmente complicati i primi anni della nostra amicizia. Se fossi ancora stronza come una volta, potrei fare una battuta di cattivo gusto su un verbo della frase precendente. E invece per una volta mi comporterò da persona adulta e andrò avanti a raccontare (fidatevi che è più interessante il seguito).

Non siamo mai stati eccessivamente fortunati quando c’era Cupido di mezzo, sarà che la nostra mira fa abbastanza schifo e di centrare chi ci interessava proprio non eravamo in grado. Poi un giorno mirammo entrambi la persona sbagliata, solo che la mia storia durò un paio di mesi farlocchi e quattro giorni ufficilamente, mentre la sua un anno e mezzo. E tutto il tempo successivo fummo una lamentela unica.

C’è da dire che quando il destino stava per giocare a lui uno dei suoi scherzi peggiori, tante mie sollecitazioni e – per fortuna – il suo buon senso hanno evitato un transatlantico di guai.

E così adesso siamo giunti al punto in cui io faccio la mielosa con mio ragazzo , lui fa lo sdolcinato con la sua e io schifo entrambi. Entrambi nel senso me e lui. Soprattutto me quando non sono di buon umore. A sentire lui rido e sfotto, tanto è talmente fuso che prende sul ridere qualsiasi cosa, ma ancora abbastanza sveglio da avermi rinfacciato il pezzo peggiore.

Chi mi conosce sa che tra le cose che non sopporto ci sono gli spettacoli teatrali. Sopratutto quelli un po’ scadenti, che si vede che le persone fan finta di essere qualcuno e il tutto stride come le unghie sull’ardesia (leggi lavagna). E indovinate che hobby ha quel geniaccio del mio amico? Fare teatro. E, ovviamente, chiedermi una volta a settimana se voglio andare a vedere questo o quello spettacolo. Pinocchio: sempre odiato. Shrek: non lo sopporto. Spettacoli di cui non conosco la trama, ma toh, ho già i biglietti: visto che sono obbligata ci vado.
Gli voglio bene, altrimenti lo avrei già preso a botte.

E gli voglio così tanto bene che l’anno scorso ho persino deciso di immolarmi, pur di fargli un regalo, auto-trascinandomi ad uno spettacolo (serio) in un teatro (serio). Credo che la mia faccia dicesse tutto. Compreso il fastidio crescente nell’ammettere che gli attori fossero decenti, bravi ecco. E che lo spettacolo, nell’insieme fosse accettabile, guardabile, insomma carino.

Ah, ma la parte migliore è stata alla fine, mentre lui friggeva come le patate nell’olio bollente al pensiero di incontrare gli attori e io gli insegnavo la respirazione ritmica stile donna incinta per farlo sopravvivere ancora un paio di minuti. Che tenerello. Un bimbo davanti ad un intero scaffale di dolciumi, sopraffatto dalla gioia e da un sacco di emozioni che nemmeno decifra, capace solo di sorridere ad occhi sgranati e muovere confusamente le braccia.

E poi l’illuminazione.

Usa la tua amica come appendino. E forse anche come fotografo, gli suggerisco io. Peccato che l’arrivo della protagonista lo distragga al punto tale da non capire più quale lingua io stia parlando, salvo accorgersi solo cinque minuti dopo del mio potenziale ruolo da fotografa, anche se priva di esperienza.
Si raccomanda che io faccia bene la foto. Alla faccia del muffin con la candelina di buon compleanno! Ti pare che ti porto fin qui per vederti gasato come la Brio Blu Rossa e poi ti faccio male la foto? Forse non ci siamo capiti.

Comunque avreste dovuto vederlo. Non capiva più niente. Fosse arrivata la regina d’Inghilterra non avrebbe trovato differenze. Fortuna che c’ero io a fargli da babysitter e a scortarlo in giro per le vie di Torino, lontano da potenziali sorgenti di pericolo, tipo i gradini che non avrebbe mai visto, con la testa fra le nuvole.

Tutto ciò perché mi andava di scrivere, già, ma non di chimica analitica. Lei ha già riempito la mia vita più di quanto credevo possibile ed è meglio cedere il posto ad altro. E poi, non sono nata per fare la correttrice di bozze. Specie perché al quarto errore volano minacce e al decimo partono gli istinti omicidi.
Ma in fondo, nulla è stato fatto per essere semplice, al massimo ci facciamo l’abitudine. E io, a correggere gli scritti altrui, non ho proprio intenzione di abituarmici.
*anafora volontaria*

Il mio migliore amicoultima modifica: 2018-05-30T23:51:33+02:00da jessytherebel
Reposta per primo quest’articolo