La differenza

Mi sono svegliata con un crampo di mal di stomaco. Come se non avessi mai dormito.
A furia di pensarci e analizzare tutti i sintomi sono giunta ad un’unica conclusione: sono malata di empatia, in forma pesante. Tranquilli, non contagia.

Vorrei essere Vani Sarca e dare la colpa al commissario Berganza, per poi pensare che sì, questi crampi sono belli in fondo. Invece no. Niente questioni di cuore, solo il residuo vivo di una realtà che non mi piace per niente e su cui non so come mettere le mani, per migliorarla almeno un pochino.

Ore 1.05, stanotte. Mi corico a letto, scanso le coperte perché sta facendo troppo caldo. La mia testa è così sommersa di pensieri che produce calore proprio come un qualsivoglia motore, facendomi notare che sto dissipando energia ai ritmi di un ciclo otto. Sarò presto dannosa per l’ambiente.

Ma il punto è un altro. La notte è diabolica. Di notte partono gli sfoghi peggiori, siano essi dovuti alle uova crude del supermercato, siano invece colpa di un brutto periodo. So bene come funziona, più l’ora è tarda, peggio è. L’ho sperimentato una volta e mi auguro di non dare mai dimostrazione del bis; invece mi è capitato più spesso di essere dall’altra parte, nei panni di chi apre la propria mente all’ascolto e alla comprensione.

Di notte perdi l’ultimo filo di inibizione che ti era rimasto, non c’è nessuno nei paraggi e per una volta puoi dire la verità. Smetti di rispondere al “Come stai?” con un “Bene” che chi ti conosce sa essere falso, racconti le cose come stanno, all’inizio sussurri, ma poi prendi vigore. Cerchi qualcosa a cui aggrappare le mani nel tentativo di impegnarle, guardi ovunque, ma le risposte non calano dal cielo… speri almeno di essere capito.
E stanotte ti va bene che lo sei. Perdi la cognizione del tempo mentre parli, dicono sia un buon segno. Qualcosa alle tue spalle ti riporta alla realtà, ti obbliga ad andartene.

Io sono lì davanti. Mi chiedo il motivo di tutto ciò, perché il mondo a volte faccia tanto schifo. Chi sono io per dire qualcosa di saggio? Un scricciolo con un terzo di esperienze di vita in meno, incapace di proporre soluzioni a problemi troppo grandi per essere risolti a parole.
Poi però mi lancio in una speranza forse troppo ottimista: il resto può far schifo, ma io no. Io potrei distinguermi dal resto del mucchio e lanciare una briciola di speranza là dove sta crollando tutto.

Non è facile fare la differenza, quante probabilità hai di fallire? Eppure non ci perderesti nulla in ogni caso, e allora ci provi. A volte sarebbe più comodo essere Walter O’Brien*, essere immune alle emozioni e ragionare analiticamente fino a trovare una soluzione ad ogni problema. Solo che anche lì, prima o poi, incontri la Paige della situazione e scopri che tanto immune in fondo non lo sei.
Resta il fatto che non sei Walter e non sai risolvere i problemi altrui.
E quindi cosa fai?

Ascolti, dimostri affetto, preoccupazione. Smetti di ragionare con la tua testa e consigli la cosa più ragionevole a chi hai di fronte.
Non conosco altre strade. Sulla mia vita posso fare gli esperimenti che voglio, ma con gli altri non si scherza. Se proprio dovessi mettere in difficoltà qualcuno, lascerei nei casini sempre me. Perché – forse con un po’ di superbia – io in qualche modo dai casini ci esco, gli altri non lo so. E’ il mio modo di voler bene, preferire che tutti stiano bene, anche se magari io no. Perché veder soffrire qualcuno a cui tengo è una tortura e l’istinto di agire brucia come un fuoco dall’interno.

Odio non avere una soluzione. Odio non sapere come aiutare. E’ per questo che non mi fermo davanti a niente, so che la soluzione esiste e, a costo di viaggiare controcorrente, andrò a prenderla.

*personaggi della serie Scorpion, in cui – per ironia della sorte – mi riconosco parecchio (ovviamente in tutti tranne che Paige). Dovreste vederla.
P. S. Non ho fame. Capitemi.

jessytherebel, quel grumo di neuroni buono a fare anche altro, oltre a risolvere gli spettri molecolari

La differenzaultima modifica: 2018-06-02T12:47:18+02:00da jessytherebel
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