Sei proprio una teorica

“Sei proprio una teorica”
Beh, nella mia vita posso dire di aver fatto qualcosa: ho convinto molte persone di esser brava in qualcosa che ad esser sinceri non ho mai fatto davvero, e addirittura riesco ad essere identificata con qualcosa che – eureka! – per me è un complimento.

Aiuto chi non è pratico del mestiere. I chimici si dividono in tanti ambiti: organici, inorganici, fisici, analitici, industriali… ma prima di scendere così nel dettagliato, ci sono due grandi categorie: sperimentali e teorici. Ovvero chi fa e chi fa fare ad un computer. Io, dopo essermi confrontata con i bidoni dei reflui del laboratorio di sintesi organiche, ho scelto la seconda. In fondo tra lanciare un calcolo e andare a prendersi un caffè o mettere su una reazione e andare a prendersi un caffè, l’unica differenza è appunto il bidone dei reflui: il cestino del pc non fuma.

Ma se io ancora stento a credere di fare davvero questo nella vita, precisamente perché mi sento ancora troppo capra, c’è qualcuno che già mi vede bene alla scrivania, con gli occhiali ancora più spessi di adesso, ad indagare meticolosamente i file di output usciti da ore e ore di calcoli su cui per ora favoleggio soltanto. Gli altri fanno sempre in fretta a dipingermi il futuro… Specie quelli che non hanno mai provato l’emozione di mandare affanculo una sommatoria. Motivo: non l’avevo vista. E già mi si stava accaponando la pelle per l’ennesima contraddizione con cui avrei avuto a che fare.

Poi niente, ho notato la sigma maiuscola appena prima dell’integrale scritto in notazione di Dirac e ho tirato un sospiro di sollievo, perché allora avevo davvero capito. Il mio momento preferito è sempre quello in cui, dopo giorni passati a leggere qualcosa senza capirlo, smattandoci sopra, ragionandoci e poi tentando di prenderlo per buono, all’improvviso, come uno squarcio in un cielo denso di nuvole, il criceto si mette in moto e si illumina: eeeeeeecco perché! Seguono gioia e la sensazione di essere stata una cretina per non esserci arrivata prima. Ogni santissima volta.

Ma giungiamo al sodo. Se quelle quattro parole là sopra mi fossero state dette da qualcuno a caso in università, probabilmente avrei sbuffato o qualcosa di simile. Se me le avesse dette un futuro collega… no, non l’avrebbe detto e basta. Ma uscite di bocca al proprietario (al quale vanno tutti i diritti) hanno causato un’unica e precisa reazione in me: occhi sgranati e un sola frase in testa “basta che io ti piaccia lo stesso”. Suppongo sia così, visto che i continui riferimenti alla chimica computazionale non lo hanno fatto demordere nemmeno un pochino. Insomma, se poi vengo anche istigata a mettere la parola “Hartree-Fock” all’interno dei miei discorsi, non si può certo dire che la colpa sia mia. Io non vado in giro a chiedere ai miei compagni di corso se sanno cosa sia un cluster, ad esempio, perché non voglio che venga loro una sincope sentendosi sopraffare da tutti gli esami in cui questa parola fosse importante.

Invece sono bravissima ad andare in giro e parlare senza sosta, costringendo chi sta con me a tapparmi letteralmente la bocca pur di farmi tacere un minuto. A volte mi chiedo se sarei mai in grado di sopportarmi. Probabilmente, se avessi questa possibilità, direi di no. Basterebbe far incontrare due dei miei più caratteristici stati d’animo, ovvero l’allegro tendente esaltato e l’infastidito dal resto del mondo, per assistere all’apocalisse. Un po’ come mettere insieme materia e antimateria, se vogliamo immaginarlo in modo più pittoresco.

Non capisco, è così facile vedere quanto siano meravigliosi gli altri, possibile che sia così dura vedere un po’ di buono in se stessi? Ecco, io potrei andare avanti ore a parlare del primo argomento prima e dello stupore misto ad eccitazione che si prova nello scoprire che esiste qualcuno che incorpora in sè caratteristiche a nostro avviso positive. Una quantità notevole per trovarsi raggruppata nello stesso individuo conosciuto a caso. Roba che ti fermi un attimo davanti allo specchio a pensare se non te lo stai immaginando, se stai bene o – incredibilmente – se quella persona esista davvero.

“No, no, ma non è possibile dai” a cui segue pochi centesimi di secondo dopo “E poi dà corda proprio a me? No ma dai, prima o poi se ne rende conto che io non sono niente di speciale a confronto” e proprio mentre una fetta di cervello si inchina mostrando tutto il suo understatement nei confronti del soleggiato mondo che la circonda, l’altra parte – fortunatamente – è già partita con la sigla di Saranno Famosi (anno 2001, Fame) e ha già raccattato un paio di vestiti nuovi al mercato, pronta a fare la figa per le strade di Torino appena fuori dal suo mezzo di trasporto preferito blu.

Mi cascasse il mondo addosso, giuro che mi alzo e lo ribalto al contrario.

jessytherebel, che tra la sessione e altre cose è diventata pazza
ma almeno è felice

Sei proprio una teoricaultima modifica: 2019-07-06T23:17:26+02:00da jessytherebel
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