Quelli come me

È passata la mezzanotte, ho fermato Netflix bruscamente e ora sono qui. In preda ad uno dei soliti attacchi di follia, scrivere è l’unico piano B che regga. Nella penombra della cucina, con i tasti quasi scuri e le dita guidate dalla memoria, scrivo questo pezzo… dedicato a tutti quelli come me.

Siamo cresciuti in un modo un po’ strano, dobbiamo ammetterlo. Attenti a non sbagliare, non cadere, non farci male, abbiamo trascorso la nostra infanzia e la nostra adolescenza trasformandoci in statuine di porcellana. E se la porcellana cade, cosa fa?

Si rompe.

E a 23 anni non sappiamo come si fa a rompersi. Semplicemente, quando succede, crediamo che sia finita, game over. Solo che dopo essere caduti, apriamo gli occhi e siamo ancora lì, vivi e coscienti, ed è quello il momento peggiore: quando ci rendiamo conto che esiste un mondo più grande di noi che non sappiamo affrontare e che inevitabilmente ci fa paura.

Questi quattro mesi di silenzio non sono stati casuali. Hanno descritto perfettamente il tramonto e l’alba della mia presa di coscienza. Due mesi per distruggermi, due mesi per ricominciare a costruirmi. Il lockdown per me è cascato a fagiolo, perché ho potuto chiudermi in casa senza dare spiegazioni a nessuno e pensare.

Il punto è che pensavo mi bastassero le esperienze passate. Come per una gara, ti alleni per affrontare situazioni più dure e quando arriva il momento sei pronto a dare il meglio di te. Invece non funziona così. Il mio allenamento ha risucchiato tutte le energie residue e una volta visto il terreno di gioco non c’è stato più niente da fare. Un solo demone e il danno è stato fatto.

Sembrava quasi un film. Lacrime tra la pioggia in un viale pedonale deserto, vento freddo e una domanda che mi accompagna ancora adesso “Ci vuole più coraggio ad affrontare una brutta situazione oppure a scappare via?”
Pensateci, perché non è banale. Quando sei lucido e conosci le conseguenze, la seconda opzione diventa la più rischiosa. Quella per cui non basta più il coraggio, ma serve una dose di incoscienza tale da farti fare ciò che da lucido non ti sogneresti nemmeno.

E vi svelo un segreto: scappare da un incubo ne fa solo sorgere un altro, oppure una miriade, come una cucciolata di piccoli incubi. Io per poco non ho cominciato a pensare che fosse meglio prima.

Ecco, alle persone come me dedico questo, la condivisione di un momento terribile, ma soprattutto quello che viene dopo, maledetti noi che non veniamo mai abbandonati dalla razionalità. Che anche nelle imprese più folli e disperate non mettiamo mai a tacere il giudice che ci abita.

Perché non sappiamo farlo. Noi dobbiamo imparare a sbagliare, perché se succede non sappiamo come gestire le conseguenze. Non sappiamo gestire le occhiate, le parole, le urla. Pur di evitare quel momento non sbagliamo. Pur di evitare i sensi di colpa, non sbagliamo.

Dobbiamo imparare ad affrontare le novità, senza che il nostro corpo ci si rivolti contro infliggendoci delle pene, senza che il disagio si trasformi in ansia e che ci tocchi scontare anche la gioia, quando ormai è sera e al posto di andare a dormire veniamo tormentati da un malessere che sappiamo essere prodotto dalla nostra testa, ma non sappiamo comunque fermare.

E no, prendere a pugni il muro o lacerarsi la pelle con le unghie non è il modo di fermarlo. Se mai piangere aiuta. Se il dolore deve uscire, cerchiamo di dargli il canale giusto.

So che non è facile. Se sono qui a scrivere queste parole è perché trovare la via non è un percorso lineare e le ricadute sono dietro l’angolo, appena abbassiamo la guardia. Ma è proprio questo il punto, non possiamo vivere all’erta, farci divorare da una fobia, farci mettere i bastoni tra le ruote e sabotare la vita da una stupida e maledetta fobia! Le novità sono l’ostacolo più grande, uscire dal proprio comfort vuol dire rischiare e noi il rischio non vogliamo correrlo. Ma non è così che funziona. Dobbiamo imparare a fare un passo avanti, costi quel che costi. Dobbiamo provare fin quando non saremo consapevoli che possiamo gestire le conseguenze, anche se non le conosciamo.

Che non è strano sentirsi felici in panni diversi dai propri, in giorni diversi dai propri, in posti diversi dai propri. Che non deve sempre essere tutto perfetto o al suo posto per stare in pace con la propria coscienza, che va bene la ciocca fuori posto, la casa sottosopra, il frigo mezzo vuoto, la gente che non capisce cosa dici. Che non possiamo essere eroici solo nei sogni, non è giusto… che non dobbiamo fingere di non essere noi per fare qualcosa di diverso dal solito.

Che non devo sentirmi a disagio in un vestito o con le calze. In fondo ci si sta così bene, senza pensarci.

jessytherebel, a quelli come me,
che la nostra forza possa farci uscire da questa selva

Quelli come meultima modifica: 2020-05-03T00:51:55+02:00da jessytherebel
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