Nove stelline

È proprio il caso di dirlo, quando mamma non c’è…
Cani, cani dappertutto, il porta biancheria pieno, il pavimento da scopare, altri peli di cane, il mio letto da rifare. Io che cucino a qualsiasi ora e anche quando non ho più le facoltà mentali per capire che 10 grammi sono la dose di sale nell’impasto della pizza e non quella di zucchero… (Scusate amici, comunque dai, nessuno si è accorto di nulla)

È una settimana impegnativa, si era capito? Cominciata con una levataccia per mettersi in macchina verso Grenoble, non poteva certo proseguire con calma. Avete presente quando non si ha nemmeno un secondo per chiamare a casa e confermare di essere ancora vivi? Questa è stata la giornata di lunedì.
Ho assistito alla discussione di dottorato del mio adorato collega spagnolo e mi sono anche commossa. Insomma, dottorandi VS sposi, 1 a 0. La festa si è protratta a lungo, abbastanza da farmi vedere l’evoluzione da sbronza ad ubriaca di un po’ di gente (mentre ero palesemente in coma per via delle poche ore di sonno).
Il giorno successivo, viaggio della speranza per tornare a casa con tanto di perquisizione alla frontiera, susseguita dall’agognata ricerca di un ristorante aperto a Cesana, tanto che credevamo di essere stati presi in giro malamente dalla gente del posto.
Approdati alle 16 in quel di Corso Novara, salgo sulla mia macchinina ancora in preda ad una discreta quantità di energia e imbocco per errore il viale. Sappiamo già come va a finire questa storia. Prima, incastrata in piazza Baldissera, e poi, pure in Corso Grosseto, per via dell’uscita del raccordo chiusa. Alle 17, spalanco la porta di casa e mi guardo allo specchio: preferivo non vedermi.

Tento di recuperare energie buttando giù un po’ di cibo appena prima di andare a cavallo, ma fallisco miseramente e il cavallo finisce per burlarmi anche sul rettilineo. Torno a casa più infastidita di prima, perché adesso ad aspettarmi ci sono le fatidiche faccende di casa. Sono mezza morta, ma cucino lo stesso, primo, contorno e impasto pure la pizza per il giorno dopo.

Il mercoledì mi sveglio con un umore del cazzo che si incrina ancora di più quando sono costretta a fare colazione in compagnia, il resto della giornata passa tra la voglia di cavarsi gli occhi e quella di non tornare più a casa. Tuttavia, esco in anticipo dall’ufficio e come premio mi becco la metro bloccata, faccio tutto il giro di commissioni del caso, cuocio la pizza, mi lavo i capelli, brucio un lato della pizza (maledizione!) e siccome finisco tutto alle 22.30, decido che è il momento di pulire i pavimenti. Come premio, vengo placcata dal mal di stomaco e vado a dormire all’una di notte…

Con queste fantastiche premessa, stamattina ho messo giù i miei piedini dal letto, mi sono ripetuta un’altra volta che se non inseguo io la felicità, lei di certo non correrà appresso a me, ho preso la pizza, due rami d’alloro, ho indossato il vestito di tre compleanni fa e sono andata in università. Ho partecipato alla riunione in programma, mi sono messa sotto a lavorare e qualcosa è successo.

Senza spargere la voce in giro ho trovato un po’ di colleghi pronti ad unirsi alla mia proclamazione di laurea fai-da-te, abbiamo condiviso la pizza e scattato qualche foto. Ho indossato la corona di allora costruita appena poco prima con del semplice fil di ferro e mi sono ricordata di quanto basti per essere felici. Qualche amico, un pizzico di follia e tanta perseveranza.

Ero sul punto di arrendermi, perché non mi sentivo che ci fosse niente da festeggiare. Ero quasi vicina a interrompere i piani a metà, perché continuavo a guardare tutto ciò che stava andando male. Però chi mi conosce sa che ho un difetto. Sono un po’ testarda, forse persino più di un po’. E così non mollo tutto facilmente.

Non mi faccio scoraggiare da un tempismo sfavorevole, che le cose succedono nel presente. Come con EC. E mentre sono qui a scriverlo con occhi sognanti (e terribilmente secchi), mi ricordo che sono usciti gli esiti dei miei esami del sangue.

Li apro con la stessa trepidazione di quando aspetto il voto di un esame. E conto: uno, due, tre… nove. Nove stelline di fianco ai miei valori. Improvvisamente non mi sento più così in salute come prima. Sarà per questo che, sotto sotto, le mie performance fanno un po’ schifo ultimamente. Le scale della metro terminano con le tempie pulsanti… Glucosio, sotto le scarpe; folati, pure; ferritina, levatevi tutti. Ma io, esattamente, di cosa vivo?

Vorrei che quelle nove stelline si spostassero nel mio cielo, a decorare questa notte, che seppur sia accompagnata da un divano sfatto e dal rumore insistente del frigo, sa essere felice. Sa guardare quel che di buono c’è, e il resto poi si aggiusta. Come dovremmo fare sempre, come dovrei fare sempre.

Nove stellineultima modifica: 2021-10-21T23:59:29+02:00da jessytherebel
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