Aria di casa

A furia di preoccuparmi di gente che prendeva l’aereo, è toccato pure a me salirci sopra. Ho impacchettato la mia roba per l’ennesima volta, ho pregato il signore durante il decollo e sono atterrata a Barcellona. Come? Con un leggero senso di nausea dovuta alla spiccata abilità del pilota di guidare di merda, ma sono sopravvissuta e sono contenta così.

Per la prima volta, ho provato la sensazione di entrare in una casa vera. Il team Italia si è riunito in Eixample e non sono ha creato una piccola oasi di tavole apparecchiate e pasta e risotti cucinati come Dio comanda, ma ha persino riunito un’accurata selezione di chimici computazionali, che pur facendo di base lo stesso lavoro, toccano in realtà temi diversissimi.

Per la precisione, io sono la scema che costruisce tutte le strutture a mano e più che ghiaccio non punzecchia, Ele tiene a bada decine di elettroni che scorrazzano a destra e manca tra i nuclei metallici e Ric è quello furbo, che affida a python lo sporco lavoro di maneggiare nanoparticelle. Tradotto, io sto scrivendo un articolo al posto di studiare il secondo capitolo del manuale di Python. Sto seriamente rischiado di imparare più a casa che in ufficio, ma facciamo come se non lo avessi detto!

Anche in ufficio poi, il team Italia sta per battere numericamente il team Catalunia e pochi di voi immaginano l’ingordigia con cui aspetto questo momento, dopo decine di giorni passati nel tentativo di divincolarmi tra discorsi svolti interamente in catalano, di cui, da brava straniera, non capivo assolutamente niente. Attualmente ciascuno di noi sente/parla quattro diverse lingue ogni giorno, tant’è che probabilmente, insieme al dottorato, ci conferiranno pure una laurea ad honorem in lingue.

Mentre camminavo lungo la Gran Via, ieri sera, combattevo con due idee contrastanti. La prima, la sensazione di essere a casa, in un posto familiare, in cui mi guardo intorno e penso quanto sia bello. La seconda, la consapevolezza di esser pur sempre a Barcellona, a 900 km da “casa”. Ho questa immagine ricorrente di me come un punto sulla cartina geografica, che si trova quasi in una posizione innaturale, per essere il punto che è. E questi due pensieri cozzano, perché quella sensazione di essere fuori posto, che mi aspetterei di trovare subito dopo nella mia mente, non c’è. È come se fosse fuggita lontano, o forse sta solo annidata tra le strade che percorrevo l’anno scorso, quelle che mi portavano in un posto che ero costretta a chiamare casa, ma di casa non sapeva per niente. Ora lo skyline appare quasi confortevole, i bordi dei palazzi storici sono una dolce carezza, la consapevolezza di muovermi tra le strade con sicurezza rinvigorisce l’autostima che ho di me. E tutto insieme, mi fa sentire calma, come se fosse tutto giusto e, una volta tanto, come se non mi mancasse nulla.

E con lo sguardo che si spinge fino alla collina che emerge sullo sfondo dei palazzi, fuori dalla mia finestra, mi auguro che tutto ciò possa durare il più a lungo possibile. Che sentirsi a casa non è una sensazione racchiusa tra quattro mura, ma piuttosto uno stato d’anmo che abita il nostro cuore.

Aria di casaultima modifica: 2022-01-16T10:59:54+01:00da jessytherebel
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