Una voragine profonda

Sto per fare un bruttissimo discorso. Lettore avvisato, mezzo salvato.

Tema: parità di genere; sotto-tema: percentuale di donne negli ambienti di lavoro.
Partiamo con un premessa, è spaventoso e ingiusto che ci siano differenze di impiego, retribuzione, possibilità di carriera, ecc. tra donne e uomini.

È altrettanto interessante che si raccolgano dati sulle percentuali di uomini e donne presenti in un certo ambiente di lavoro. Tipo, la ricerca universitaria. Il grosso rischio che si corre al giorno d’oggi, anche se mi mette la pelle d’oca solo a pensarci, è che certe posizioni vengano assegnate a delle donne per il puro politically correct. C’è chi ne parla, io non entro nel merito.

Il fenomeno a mio parere odioso è che ci sia questo controllo pedante nei vari team di lavoro. Che sembra quasi che uno debba sentirsi in colpa se assume più uomini che donne. Ora, penso ai post doc, e tutti quelli che conosco nel mio ambito sono uomini. Che fine hanno fatto le donne? Boh, io, egoisticamente tiro un sospiro di sollievo.

Perché qui, proprio all’incrocio tra il senso di comunità e l’egoismo più spietato, si apre un varco spaventosamente profondo: il mio pessimo rapporto con il genere femminile.
Posso dire una cosa, subito? Essere l’unica donna in un ufficio di soli ragazzi: questo è il vero paradiso. Zero competizione, zero persone che fanno le stronze di proposito, zero gossip e soprattutto calma interiore.

Credo che sia una regola che si applica solo a chi lavora in ufficio, ma non sono certo io la prima a sostenere con cognizione di causa che più colleghe si hanno e più regna l’infidia. Io poi, che ero “allergica alle femmine” sin dall’asilo, non posso che concordare a gran voce. Ho veramente bisogno di dirlo, perché so che scriverlo avrà un effetto catartico: le donne sono delle stronze. Io stessa lo divento se mi si mette di fronte alla persona sbagliata. Un po’ come un gatto che tira fuori gli artigli o una dionea che si chiude rapidamente non appena viene sfiorata dalla preda, io tiro fuori il peggio di me. Così, in uno schiocco di dita, non appena mi si fa torto.

Perché sia chiaro, non è divento cattiva senza ragione. Lo divento per un motivo e quel motivo è appunto che qualcuno mi ha fatto girare le palle. Ovviamente, donne. Non ho certo scelto la chimica computazionale per stare in mezzo a loro. L’ho scelta proprio perché, oltre a piacermi, è un campo dove solitamente bazzicano gli uomini. E quanto dicevo prima in merito ai post doc? Io bacio per terra che siano tutti ragazzi, perché non riesco proprio ad immaginare un universo in cui apro la porta e dico ad una ragazza “Non sta funzionando niente, puoi spiegarmi come fai a farlo tu?”, piuttosto passo una settimana a scervellarmi da sola!

E mentre lo scrivo mi rendo conto che forse posso ringraziare le mie compagne di classe del liceo per aver fatto crescere un animale nello scantinato del mio cervello. Ammesso che ce ne sia solo uno, di entrambi gli elementi.

Comunque, giusto per aumentare un altro po’ l’effetto catartico di questo pezzo, aggiungo ancora che non c’è niente di più dolce e al contempo fastidioso che ricevere in risposta a tale domanda “Non lo so”, a cui segue un mio “E ti pareva” che però mi rincuora sempre tanto. Nel nome della competizione più sleale e becera, amen.

Credevo di essermi curata da questo schifo di sentimento e invece mi rendo conto, proprio ora, che è rimasto in silenzio, latente, per un po’ di anni, per poi uscire allo scoperto nelle ultime settimana. Risvegliato da un atteggiamento alquanto infantile della mia collega, che però mi ha fatto giocare un’amicizia col nuovo arrivato (evento simpatico quanto un calcio sui denti), ora spadroneggia libero in tutto il mio corpo, rendendomi prima di tutto una brutta persona, poi nervosa all’estremo, infine sofferente. E quando dico “sofferente”, intendo un patimento sia mentale, sia fisico. Non a caso scrivo nella speranza che il dolore fisico smetta di divorarmi stomaco e intestino.

Questa brutta storia mi ha risucchiato in un vortice senza fine. Ogni appiglio che scorgo è una mano a cui non riesco ad agganciarmi

Una voragine profondaultima modifica: 2022-03-13T14:45:25+01:00da jessytherebel
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