Si chiude una porta, si apre un…

baule dove gettare la chiave e dimenticarsene. Dovrei scrivere della mia prima settimana di ferie, tra l’altro post-covid, e invece ho deciso di no. Come al solito, mi piace lamentarmi e quindi lo faccio qui. E stasera mi lamento di una persona, ma stavolta è un ragazzo. Tradotto in parole povere, ciò significa che deve avermela combinata proprio grossa per fare in modo di spingere al limite la mia (quasi) infinita pazienza, e va detto che se non ho scatenato l’ira funesta è solo perché buona parte del mio cervello è impegnata ad essere triste per la partenza del mio ragazzo. Vi dice niente “relazione a distanza”? Ecco, sono finita in quel loop, con la differenza che non mi dispero e non mi sento oppressa dal pericolo che tutto cada a rotoli, tuttavia sono umana e ci soffro un po’.

Il soggetto in questione è un amico di lunga data ed è proprio per questo che vorrei cancellare dal mio cervellino una delle cose che mi ha detto oggi. La vita è imprevedibile e ci mette di fronte a tante sfide diverse, ma non per questo dobbiamo soccombere senza un filo di grazia.

Sono abbastanza famosa per avere un numero di amici ristretto quanto un caffè del medesimo tipo, tant’è che se anche mi tagliassi un dito o due continuerebbero comunque ad abitare tutti sulla stessa mano. È quindi una naturale conseguenza che ognuno abbia preso una strada diversa, anche perché mi viene ancora più difficile immaginare che esista della gente tanto matta da calcare il mio stesso percorso (e tra tutti i verbi, ho scelto proprio “calcare”. I colleghi apprezzeranno).

Ora, se con due di loro un percorso differente non ha causato problemi, perché deve farlo con il terzo? È palese che con qualcuno sarebbe dovuto succedere, anche se non mi do pace che stia capitando proprio qui ed ora con questa persona. Il più lurido dei mostri, che suole regnare imbattuto negli uffici, ha sbavato sul nostro rapporto: l’invidia.
Potessi sbarazzarmene con qualche pozione chimica, starei in laboratorio tutto il giorno, tuttavia non ho calcolato bene gli sbocchi della mia carriera e non ho considerato la laurea in alchimia. (Tra parentesi, ringrazio il correttore automatico di Word per salvare questo testo dagli scempi che l’aver parlato spagnolo mescolato all’italiano per una settimana ha causato alla mia lingua madre.

Non so bene quando è cominciato tutto questo, so solo che le parole pesano e se da “Ti invidio un po’ che parti” si arriva a “Queste opportunità dovrebbero capitare a me”, il mio sguardo si tinge di disapprovazione e far cambiare l’inclinazione alle mie sopracciglia diventa un compito arduo. C’è una bella differenza tra il gioire per il traguardo di un’amica e reagire con una delle due frasi sopracitate. Specie perché, se posso capire la prima, non trovo invece nulla che giustifichi la seconda. Quel verbo, “dovrebbero”, è la goccia che fa traboccare il vaso della delusione, è il piede ben saldo dentro la fossa, è il ticchettio dell’orologio che scandisce i secondi rimasti per salvarsi in corner dalla mia ira. Fortunatamente, questo orologio oggi aveva le batterie scariche, ma appena vado a dormire e gliele ricarico, non sarà più così facile fermarlo.

È vero che succede di sbagliarsi a parlare, è vero che possono sorgere degli equivoci. Ma scommetto un’intera bottiglia di sciroppo alla menta che questo non era il caso (mi è stato detto il contrario, ma mi sento nella posizione di poterci non credere). Io immagino tanti scenari e tante motivazioni differenti che possano giustificare un comportamento così. Mi sforzo di pensare che l’insoddisfazione e lo stress giochino questi brutti tiri, inoltre sono consapevole di essere io la prima a dire che le prime persone che devono sostenerci siamo noi stessi e se non lo facciamo noi, chi altri?, ma questo per me, resta e sempre rimarrà un segnale molto negativo. Se io mi circondassi di gente che reagisse così ai miei traguardi, finirei per credere di essere una ragazzina fortunata a cui hanno steso un bel tappeto rosso davanti e che si è limitata a camminarci sopra. Perché so bene che razza di pensieri può generare il mio cervello per sminuirsi da solo. Questa volta, tuttavia, sono lucida abbastanza per distinguere un commento appropriato da uno che non lo è nemmeno lontanamente e se queste sono le premesse di ciò che riserva il futuro, io mi tiro fuori da questa storia.

In cuor mio, mi auguro che sia solo una fase negativa e che i prossimi mesi possano essere una svolta. Ma se l’esperienza mi ha insegnato qualcosa, quel qualcosa è non illudermi troppo.

La vostra jessytherebel, un po’ triste, un po’ indispettita

Si chiude una porta, si apre un…ultima modifica: 2022-08-08T00:12:53+02:00da jessytherebel
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