Jess-sur-Oise

Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando mi sono palesata l’ultima volta! Sono tornata in Italia, mi sono presa una tonsillite virale, e poi sono partita per la Francia, direzione Neuville-sur-Oise, che per darvi un’idea sta ad una quarantina di minuti da Parigi e non ha niente a che vedere con la città.

Essendo io una Jess, è difficile immaginare “me” e “Francia” nella stessa frase, eppure è successo davvero. Come?

L’anno scorso, tra una conferenza e l’altra, c’è stata una mossa particolarmente buona che ho fatto, anche se è stato un invito in corner all’ultimo: andare ad un workshop sullo zolfo a Madrid. Lì ho gettato i semi per due fruttuose collaborazioni, una delle quali mi è valsa un invito all’Universitè di Cergy-Pontoise per fare esperimenti. E chi sono io per dire di no? Anche se la Francia mi repelle con tutto il cuore, davanti all’idea di infilare finalmente un camice e mettere piede in un laboratorio (figo), anche l’ultmo baluardo del mio più profondo risentimento cade sconfitto dalla curiosità.

E così, senza non poche avversità ho fatto la valigia e ho messo i piedi sul TGV, per affrontare le circa otto magiche ore di viaggio che mi avrebbero portata a destinazione. Con l’organismo fortificato da 5 giorni di antibiotico e cortisone che mi hanno rivoltata come un calzino (che a confronto la tonsillite è stata il meno, visto che non riuscivo più a dormire e gran parte del tempo mi sentivo come se dovessi vomitare da un momento all’altro) e ristorata da un’ultima notte con il “brusacor” più incallito e 4 misere ore di sonno… Ho fatto un viaggio di merda dall’inizio alla fine. Ringrazio l’ibuprofene che mi ha salvata dallo staccarmi la testa prima di arrivare a destinazione, o chi sa quante volte sarei inciampata prima di trovare la via.

Paris Gare de Lyon… dico solo che nell’aeroporto di Barcellona ci si orienta molto più facilmente. Ci ho messo all’incirca un’ora prima di capire da che parte fosse la RER e che diavolo di biglietto fare, poi sono riuscita a far pietà a due tipi che mi hanno gentilmente dato una mano, o probabilmente sarei ancora là a quest’ora che pigio finestre a caso sullo schermo touch della macchinetta. Arrivata alla stazione di Neuville Universitè mi sono ancora scarozzata venti kg di valigia per 600 metri, fino a quando con aria trionfale ho composto il codice segreto e sono entrata nel residence in cui mi era stata assegnata una stanza. Ce l’avevo fatta.

O meglio, la prima fatica di Ercole l’avevo portata a termine, poi c’era la seconda: spostare il contenuto della valigia al piano di sopra, perchè questo appartamento è su due piani e ha una scala interna. E poi la terza: bisognava cacciare la cena. E il supermercato più vicino, così come il ristorante più vicino, stavano a 20 minuti a piedi di distanza. Insomma, il momento in cui mi sono alzata da tavola e ho appoggiato le chiappe sul divano, sono cascata in un sonno profondo e non c’è stata sveglia o telefonata che reggesse di fronte alla mia stanchezza.

L’ho inaugurato così questo posto, sentendomi terribilmente fuori posto, ma spingendomi ben oltre i miei limiti. Con un’insalata con tonno e una dormita sul divano. E se ancora l’ansia tentava di sollevare un po’ di scompiglio il mattino seguente, come per magia tutto si è sistemato.

Ho trovato un posto vicino dove prendere l’acqua, ho rifornito a dovere la dispensa, ho affittato una bici con cui andare al supermercato in tempi ragionevoli e con cui andare in giro per la strada cantando a squarciagola le canzoni di Baglioni (un’immagine alquanto caratteristica, ma significativa), sono riuscita a farmi chiudere le baguette in un sacchetto e non solo avvolte da un fazzolettino, e ho anche fatto amicizia con la lavanderia comune e ficcato il naso in palestra. Domani è probabile che 10 minuti di step non me li tolga nessuno.

Per quanto riguarda il lavoro, tutto mi immaginavo meno di fare il mio primo esperimento in autonomia già il martedì pomeriggio e ancora meno di fare l’assistente alla riparazione dello strumento (giuro che non l’ho rotto io) proprio stamattina. Tra ieri e oggi sono riuscita ad ordinare una nuvola di idee confuse in un progetto con un capo ed una coda e mi sono persino evitata di lavorare nel weekend.

La Jess di una settimana fa non avrebbe mai potuto credere a tutto ciò. Sono sempre io, ma per certi versi mi sembra di essere un’altra persona. Una persona che ha modificato il suo stile di vita, ma facendo delle scelte in cui crede da vero, non per mero spirito di sopravvivenza. Una persona che prova pure il duo di quinoa con verdure già pronto nella busta, solo da scaldare al microonde, e che non si sente in colpa per aver acquistato qualcosa di già pronto, ma che è consapevole che le sue energie possono essere canalizzate solo su un numero ristretto di cose, e cucinare gourmet in un residence dove tocca aggiustarsi con quel che c’è non è parte della rosa delle preoccupazioni.

Vorrei tanto che questa Jess vivesse a lungo, che le lezioni di vita che sta imparando non venissero bloccate alla frontiera, quando sarà il momento di tornare a casa. Vorrei che questa Jess, che sa vivere da sola in un grosso appartamento mezzo vuoto, con quattro vestiti e solo un paio di libri da leggere, si portasse dietro la consapevolezza che adattarsi all’ambiente non vuol dire per forza rinunciare a se stessi, ma che significa cercare un proprio modo di vivere le novità che porti soddisfazione… e trovarlo.

Che ci pensavo mentre ero a casa per Pasqua… Devo essere fiera di me. Per tutto ciò che ero, sono e sarò. Devo essere orgogliosa perchè quelle ali che ho sognato di spiegare per tanto tempo sono ora in grado di volare tanto più lontano di dove io sia mai arrivata.

Jess-sur-Oiseultima modifica: 2023-04-21T23:45:11+02:00da jessytherebel
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